Puglia on the road, Castel del Monte in vespa

“Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di tv. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più.”
 
Robert Pirsig, lui si che sapeva viaggiare. Amava il vento in faccia, la sua motocicletta. Viaggiava attraverso le vie dell’America con suo figlio, ripercorrendo le orme tracciate qualche anno prima dai grandi viaggiatori della beat generation. La mia esperienza non è assolutamente paragonabile a quella dello scrittore americano, tuttavia ho cercato di recuperarne lo stile, di farne tesoro e di tradurlo in un qualcosa di personale.

Il viaggio in motocicletta mi ha sempre attirato. Il non possederla mi vincola. Se poi però hai un amico che possiede una vespetta e ti propone un lungo giretto, perché no?
Il viaggio è uno di quelli piccoli, che durano qualche ora, ma che possono comunque lasciarti grandi emozioni. In vespa, dalle campagne di Trani sino a Castel del Monte, arroccata a una ventina di chilometri da Andria. E così si parte la mattina, curandosi di non dimenticare nulla, come l’immancabile macchinetta fotografica o il taccuino di viaggio. Tutto caricato all’interno del vano oggetti. 

Il cancello, aprendosi, offre una prospettiva sugli oliveti delle campagne tranesi. Il mio amico gira la chiave, da un colpo allo starter col piede destro, ingrana la marcia e accelera. Usciamo in velocità dal cancello, immettendoci sulla via di campagna, percorrendola a bassa velocità. Dapprima alcune ville, susseguite da tenute recintate con semplici alberi al loro interno, per infine proseguire su distese sbrecciate che si perdono prospetticamente sul lontanissimo Castel del Monte. Le gomme scivolano sui sassi, dissestano la tua postura, mentre il polso continua ad abbassarsi a portare il motore a giri maggiori. 

Il sole ti sbatte sulla visiera costringendoti a strizzare gli occhi o a voltare lo sguardo altrove, magari su uno di quei casolari abbandonati. Ve ne sono tantissimi: riportano scritte come "pericolo" o emergono da vigneti incolti e lasciati morire a se stessi. Delineano un paesaggio in contrasto fra la morte dell'architettura e il trionfo della natura, che si rimangia le architetture stesse arrampicandosi sulle pietre o sui mattoni, affacciandosi sul bello di questa valle. Nel frattempo continuo a scivolare sul liscio della sella, mi aggrappo ripetutamente al mio amico e allento lo stretto casco.


Mi volto ripetutamente, ho quella voglia di accorgermi di quanto abbiamo percorso. In realtà ancora poco. Siamo dentro una sterrata di campagna, siamo ancora a Trani. 

A circa venti minuti di marcia, delle macchine sfrecciano trasversalmente a centinaia di metri da noi. Termina la stradina, comincia una provinciale. Finisce, in parte, quel divertimento iniziale, quella sensazione mai provata di attraversare strade non convenzionali. La provinciale ci immette sulla statale, poco da descrivere. Solo discorsi fra me e il mio amico velocizzano il tempo. Arriviamo nei pressi di Andria, non entriamo nella città, e scendiamo sino alla statale. 

Castel del Monte nel frattempo diviene ben visibile e quasi riusciamo a scandire le sue torri perimetrali. Se prima aveva un colore alterato dalla nebbia, quasi una macchia grigia nell'orizzonte, adesso riassume la tonalità della pietra in armonia col colore delle poche piante sottostanti.
Non discosto lo sguardo dalla strada, il motore intanto è fisso sui 70 km/h. Studio le tante ville costruite sulla strada, con le loro favolose facciate e i sontuosi viali alberati. Si affiancano l'una all'altra per diversi chilometri sino a quando la natura compare con i suoi soliti oliveti e vigneti. Anche le alte piante grasse, che se non fosse per la consapevolezza di essere in Italia, confonderebbero le idee a qualsiasi viaggiatore. Ma siamo arrivati, ancora pochi tornanti, ancora un pò di sole sulle nostre braccia arrossite e potremo finalmente slacciarci i caschi e visitare il luogo.

Parcheggiamo sotto un ulivo; facciamo riposare il motore alla vespa, riponiamo tutto nel porta oggetti e procediamo a piedi attraversando i boschi. Arriviamo a una quota di 540 metri s.l.m. e scattiamo qualche fotografia al monumento a pianta ottagonale. Lontano è visibile il mare. Entriamo, abbiamo tanto ancora da conoscere.

 






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