Lisbona, un giro sul tram


La distanza che separa il centro di Lisbona dal quartiere di Belem, non รจ percorribile a piedi nelle prime ore del pomeriggio, soprattutto in una giornata di fine estate. Escludendo gli autobus, i taxi e i treni, resta solo un mezzo a disposizione: il tram, simbolo della cittร . Con la sua livrea gialla รจ l’assoluto protagonista delle strade, in grado di sferragliare fra vie strette e inaccessibili e, talvolta, arrampicarsi su irte salite, proprio come fanno le cabinovie di montagna. Le sue forme non sono contemporanee, anzi la geometria delle componenti รจ la stessa utilizzata nel secolo scorso, quando la cittร  godeva dello splendore letterario, vuoi per le poesie di Pessoa, vuoi per i racconti di Tabucchi. Immaginatelo come un alternarsi di giallo ocre e bianco, con finestre lignee che spezzano la bicromia e che inquadrano l’interno del mezzo. รˆ come se fosse la cornice di una tela che raffigura l’interno del mezzo per un passeggiatore distratto, o la cittร  di Lisbona durante una corsa di tram. Il blocco inferiore รจ quasi del tutto arrugginito, e lo sono anche i binari. La ruggine scioglie il ferro, il colore copre la ruggine … un processo periodico. Il tetto รจ caratterizzato da un blocco convesso sulla quale รจ ancorato un parallelepipedo, riportante la meta finale e il numero del tram. Niente uso del digitale, nemmeno della tecnologia led. Solo pura tradizione. A cambiare sono i suoi passeggeri, gli autisti con le loro cravatte e i furbi che si attaccano alla coda per risparmiare i soldi del biglietto. La mentalitร , quella resta. E avrรฒ anche da raccontare episodi non piacevoli.

Il nostro tram arriva con qualche minuto di ritardo rispetto l’orario previsto. Ci sediamo lungo il corridoio, occupando tre dei quattro posti ordinati a salotto. I sedili sono scomodi e distraggono la mia attenzione verso i dettagli dell’esterno, verso il ponte rosso, verso le strade vuote per il troppo caldo. Ne approfitto per prendere la cartina e cercare la discesa piรน comoda e vicina alla Torre di Belem. Nel dubbio decido assieme agli altri di consultarmi con una persona del luogo e per questo domando a una signora il tutto. Lei non si degna di guardarmi, non risponde alle mie domande, finge di non aver visto la cartina davanti ai suoi occhi e resta con lo sguardo impassibile verso l’esterno. Noi ridiamo. Ci avevano accennato che i portoghesi sono per certi versi schivi, ma non ci aspettavamo tale comportamento. Non fa niente. La fermata la indoviniamo lo stesso. Ma prima di scendere mi fermo qualche secondo ancora a focalizzare il corridoio del tram, pieno di tanti pendolari dalle diverse etnie, tutti in attesa della porta a libro aprirsi, tutti con quell’aria nostalgica che un po’ mi rattrista. 


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