Dal Grand Hornu al Mac′s: storia di una miniera

Nel pomeriggio del quarto giorno in Vallonia, ci spostiamo da Mons verso il complesso del Grand Hornu, una miniera con quasi trecento anni di storia che ospita il Mac’s, Museo di Arte Contemporanea. Entriamo nel primo edificio e ci viene assegnata la guida. Può cominciare la nostra visita. 

Grand Hornu, cortile interno

Prima un po’ di storia. L’estrazione del carbone, in questa località di campagna, comincia nel X secolo. Non occorre una vera e propria estrazione, infatti l’intera area è ricca superficialmente di questo minerale. Durante l’800 comincia a scarseggiare ed è necessario costruire dei pozzi e far scendere gli operai. Fu in questo periodo storico che si ebbe la figura di Henri De Gorge, il quale acquista il complesso in forte crisi economica (dovuta allo scarseggiare di carbone) e ne fa un restauro completo. Fece costruire un nuovo pozzo, assicurandosi una ripresa. Da quel pozzo viene completato il complesso minerario, che durerà fino al secolo scorso. 

Grand Hornu, ingresso

Ci spostiamo al centro della piazza interna e arriviamo sotto la statua di Henri De Gorge. La nostra guida ci fa notare gli edifici che caratterizzano la piazza: alcuni sono autentici, altri ricostruiti. Per esempio il lato destro, dove sorge il Mac’s, ha di originale solo la facciata, separata dalla nuova struttura. Artefice di questo complesso è l’architetto neoclassico Bruno Renard che ha tratto ispirazione dal progetto delle Saline di Chaux, di Ledoux. Ci concentriamo sulla figura di De Gorge. 

Grand Hornu, piazza ellittica

Henri De Gorge. Nacque nei pressi di Lille da contadini e fu uno dei soldati napoleonici. Acquistò il Grand Hornu nei primi anni dell’800, affrontando un periodo molto difficile che rischiò di condurlo alla bancarotta. Ne uscì scavando un nuovo pozzo, che garantì la sopravvivenza dell’intera miniera. Con gli affari a gonfie vele, fece costruire la prima ferrovia del Belgio, in un tratto che andava dalla miniera al fiume. I vagoni erano trainati da cavalli e per impedire furti di qualsiasi genere, il tratto fu presidiato da un organo di polizia. Nel 1931 divenne cittadino belga e fu tra i primissimi senatori del nuovo stato. Un anno dopo morì prematuramente, lasciando tutto in mano alla moglie e a un nipote. Il Grand Hornu restò alla famiglia De Gorge fino al 1951. I corpi di tutta la famiglia sono sepolti all’interno della cripta del complesso, al di fuori della piazza ovale. 
Grand Hornu, Henri De Gorge

La guida è un grande appassionato di Van Gogh. Ci racconta il rapporto che ebbe col Grand Hornu.

C’era anche Van Gogh. Fra i personaggi che sono passati per il complesso del Grand Hornu ricordiamo l’artista Vincent Van Gogh. Venne qui per raffigurare sia la vita nei campi, sia il duro lavoro nella miniera. Visse in una casa nelle vicinanze della miniera, per poi trasferirsi in una casa di campagna a una decina di chilometri da qui. Ma perché il suo lavoro fu importante? Per la prima volta concentrò la sua pittura su un realismo sociale di grande impatto per il tempo. La sua fu una testimonianza delle difficoltà dei minatori, in un tempo in cui la fotografia era ancora poco diffusa. Le sue tele, e i suoi bozzetti, sono oggi esposti a Mons, per l’evento della “Città della Cultura 2015”.
Parliamo della vita media di un minatore. Se nella vicina Marcinelle si viveva in baracche della seconda guerra mondiale, senza privacy e con scarse condizioni igieniche, qui al Grand Hornu i minatori godevano di molti confort. Un circolo economico chiuso. Attorno al complesso del Grand Hornu si sviluppò un villaggio residenziale di minatori, tutt’ora esistente. Al suo interno nacquero botteghe commerciali che vendevano di tutto, dalla carne al vestiario. Vi era una particolarità: appartenevano tutte a De Gorge, già proprietario della miniera. Pertanto tutti i soldi che l’imprenditore belga forniva ai suoi operai, venivano reinvestiti, rientrando nelle sue tasche. Con questo sistema creò un circolo economico chiuso e aumentò la qualità della vita del singolo minatore. La nostra guida ci porta all’esterno del complesso, facendoci girare all’interno del villaggio. Di tutte le abitazioni, solo una non ha ma subito modifiche in tutta la sua storia. È una casa giallina, dall’intonaco sgretolato e con pietre a marcare le aperture. Non riusciamo a entrarvi, tuttavia la guida ci rassicura che gli interni sono originali. 

Grand Hornu, casa del minatore

Dalla chiusura del complesso alla sua rinascita. Nel 1954 la miniera del Grand Hornu cessa l’estrazione del carbone. Viene tutto smantellato e successivamente abbandonato. Due anni dopo, ai minatori venne offerta la possibilità di riscattare le proprie abitazioni che avevano lo stesso prezzo di una Volkswagen. Nel 1969 venne ordinata la demolizione per favorire la costruzione di un centro commerciale con parcheggio annesso. Tuttavia, nel 1971 l’architetto Geuchez acquista il Grand Hornu per un franco (cifra simbolica) e si impegna al recupero degli edifici. I restauri cominciano e nel 1989 la provincia ne diviene la proprietaria. Vi viene installato il Mac’s, Museo delle Arti Contemporanee e nel 2012 l’UNESCO lo riconosce come sito Patrimonio Mondiale dell’Umanità.


Rientriamo all’interno del Grand Hornu. Assieme alla nostra guida prendiamo un caffè in quella che un tempo era la “sala degli impiccati”, nominata così in quanto vi si appendevano i vestiti. Una porta laterale conduce all’Auditorium, dove si tiene una parte della mostra di Christian Boltanski. La restante è distribuita su tutto il lato destro del complesso. Nella parte opposta vi è un’esposizione temporanea dedicata al design. 

Grand Hornu, Auditorium

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