Quel lato di Medjugorje che non ho apprezzato

Ho avuto modo di visitare Medjugorje durante la mia permanenza in Bosnia-Erzegovina e ho colto quelli che sono stati aspetti positivi (devozione, solidarietà, fede), ma anche degli aspetti negativi. Questo articolo non andrà contro il pellegrinaggio a Medjugorje, bensì sottolineerà gli aspetti che per me sono negativi.  

Premetto: sono un cristiano, ho fatto pellegrinaggi spirituali, sono stato iscritto a una associazione cattolica, rispetto qualsiasi forma di religione, credo in Dio, professo a mio modo. Riconosco i profeti di Medjugorje, riconosco la veridicità delle apparizioni. 
 
 
Oltrepassato il confine croato e superata la frontiera con la Bosnia-Erzegovina, la maggior parte dei cartelli stradali indicano la via per Medjugorje. Ancor più di una Mostar, molto più famosa e con un numero di abitanti centinaia di volte superiore. Medjugorje era fino a qualche decennio fa una semplice località montana, che viveva nella sua comunità. Oggi resta una piccola città di 2500 anime, ma ha un flusso di turisti da fare invidia a tutti i Balcani. Sono arrivato qui in un pomeriggio di novembre per restarci poche ore, giusto il tempo di vedere la chiesa e di perdermi fra le attività commerciali. Ah, e di provare la scalata al Podbrdo in notturna (impresa fallita dopo venti metri e dopo essermi sporcato di terra).

Sembra strano, ma entrare a Medjugorje è stato un po’ come uscire dalla realtà, o almeno dal circondario dell’Erzegovina che mi ero abituato a vedere. Forse perché Mostar, Blagaj e Pocitelj erano state il mio impatto con questa terra e tutte e tre avevano una ricca presenza della cultura araba. Ritrovarmi a pochi chilometri da queste località, in un’altra che è il centro del cristianesimo nei Balcani, mi spiazzava. Ma allo stesso tempo affascinava. Eppure non ho vissuto la vera e propria Medjugorje, ossia quella raccontata da chi qui ha avuto un cambiamento. Ma la Medjugorje da turista, ossia quella che – per come si pone al visitatore – non puoi comprendere e allo stesso tempo non apprezzare.

Eppure visitando la città – ripeto da turista – non ho apprezzato molte delle cose presenti qui, quasi tutte derivanti da una forma di speculazione tipica dei grandi santuari di pellegrinaggio. Quali sono?
 
I negozi tutti uguali. Sono giunto a Medjugorje al calare del sole, nell’esatto momento in cui la città ha acceso le proprie luci. Le tante attività commerciali presenti lungo la via, che dal Santuario conduce al Podbrdo, si sono illuminate alla stessa maniera: di bianco. Bianco della purezza, bianco che risalta i tanti oggetti in esposizione. Dalle vetrine, che offrivano luminosità alla stessa strada, risaltavano le alte, altissime statue della Vergine Maria. Alcune sfioravano i due metri e venivano esposte in vetrina come modelli da comprare per la propria parrocchia. E proprio queste vetrine ti accompagnano per tutta la città. Dimenticatevi vetrine commerciali di vestiario o altro che. Le uniche sono quelle dei negozi illuminati di bianco.

La musica nei negozi. Mi ricordo ancora la scena, entro in un negozio dei souvenir al fianco del Podbrdo, ossia la salita verso la collina delle apparizioni. Vendeva di tutto, dalle statue grandi della Madonna fino al piccolo rosario. Ci lavorava una signora sulla cinquantina, dal perfetto accento italiano. Bene, sarò rimasto venti minuti dentro a quel negozio (i miei compagni di viaggio hanno fatto un po’ di compere) e per tutto il tempo dalle casse veniva messa la stessa canzone. Si sarà ripetuta per cinque-sei volte, per tutto il tempo che sono stato lì dentro. E forse anche quando sono andato via avrà continuato a suonare quella stessa canzone. E forse avrà suonato per tutto il giorno. Non lo so. Ma già ascoltarla una volta ti metteva a disagio e posso solo immaginare quella donna che lavorava lì dentro come potesse avere la testa al termine della giornata. Era una canzone di chiesa, cantata da una voce melodica in italiano. Doveva creare l’atmosfera giusta per l’acquisto di un souvenir religioso. Pensavo fosse l’unico negozio, e invece anche altri avevano musiche a ripetizione.

Souvenir improponibili. È una cosa triste quella di vedere delle immagini sacre messe sopra oggetti di uso quotidiano: tazze, tovaglie, grembiuli, bavaglini, piatti, campane e candele. Un po’ come quei negozi che con pochi euro prendono la tua fotografia e te la mettono sul cuscino, da regalare alla fidanzata o a una persona speciale. Qui avviene la stessa cosa. Hai un’infinita scelta di souvenir particolari, a prezzi bassi. Ma comprando questi oggetti – ripeto tristi – non si perde il vero significato per cui si è qui? Se la speculazione sulle icone sacre non è una forma di insulto poco ci manca. Ma non è tutto. I negozi non vendono solo le icone della Vergine Maria: hanno tutte le immagini sacre dei principali santuari europei, quasi tutti italiani. Ci sono le statuine di Padre Pio, di Sant’Antonio da Padova, San Francesco, Santa Rita. E non mancano statuine sacre appartenenti alla sfera artistica, fra cui spicca la Pietà di Michelangelo. Ma a cosa servono questi souvenir? Probabilmente a darci la falsa certezza di essere un po’ più cristiani. Capisco la vendita di altri oggetti come rosari, anellini e coroncine. Ma allora non era meglio fare come a Santiago de Compostela? Arrivati a destinazione bastava una conchiglia presa sulla spiaggia. Zero denaro, zero speculazione. Ma forse mi sbaglio. 


Hotel tristi. Tutta la città è piena di hotel e pensioni di ogni genere. Alle volte hanno nomi improponibili, derivanti da santi, papi e altri termini del mondo cristiano. Alcuni sono molto tristi: palazzine buie, magari ben disegnate, con ingressi simili a quelli di un santuario, con luci soffuse e facciate dalle finestre chiuse. Vuoti e silenziosi per ore, ripopolati solo al termine della funzione religiosa. Altri hanno caratteristiche di hotel a cinque stelle, con sale grandissime, arredamento ricercato e bagni tecnologici. Eppure c’è sempre un sottile filo di irrealtà, quasi di finzione, che rende questi hotel delle astronavi atterrate su una piccola cittadina di poche anime. Gigantesche navicelle pronte a decollare al richiamo del denaro.

La pericolosità del Podbrdo. Sarà anche l’ascesa alla collina delle apparizioni, vero e proprio cuore di Medjugorje, ma questo sentiero possiede delle caratteristiche geologiche che lo rendono pericoloso. Le sue pietre, lisce e irte, recano non pochi problemi ai pellegrini. Si rischia di inciampare, vuoi per il forma, vuoi per l’umidità che si deposita. Cadendo non ci si fa poco male: la dura e tagliente roccia potrebbe ferire. Per una persona giovane, o che non ha problemi fisici, la salita è fattibile. Per una persona anziana – forse il target di persone maggiormente presenti a Medjugorje – può recare rischi. Insomma, prestare sempre la massima attenzione!

Marco? No Euro. La cosa che più mi ha colpito di Medjugorje è il pagamento. Siamo in Bosnia-Erzegovina, nazione fuori dall’Unione Europea, confinante con due stati – Serbia e Croazia – che hanno una propria moneta nazionale, e col Montenegro, dal 2002 con l’euro. La Bosnia-Erzegovina ha una sua moneta, il marco. A Medjugorje il marco sembra essersi fermato oltre il cartello di ingresso nella città. Tutti i prezzi, dal negozio al ristorante, sono in euro. La cosa potrebbe passare in secondo piano, d’altronde siamo in una località turistica con un target di visitatori europei soprattutto italiani. Eppure sono gli stessi gestori dei negozi e dei ristoranti a chiederti il pagamento in euro. Io alla cassa: “Vorrei pagare in Marco!”. “Non ha euro?” (In perfetta lingua italiana). “Preferirei Marco”. E mi è capitata la stessa scena in un paio di negozi. Il marco viene comunque accettato, ma l’euro è preferito. Certo per un turista italiano diretto lì la cosa è comodissima. 



CONCLUSIONE

Medjugorje, al pari di una Lourdes o di una San Giovanni Rotondo, è una località religiosa che si è 
adeguata all’accoglienza di un turismo religioso. Non metto assolutamente in discussione la veridicità di tutto quello che qui avvenne a partire dal 1981, quando un gruppo di veggenti assistette alle prime apparizioni. Sono sicuro che esiste la Medjugorje spirituale, fatta di una ricerca propria che può anche cambiarti la vita. E non lo dico io. Lo testimoniano le molte persone passate di qui e convertitesi al cambiamento spirituale che stavano vivendo. La gente che giunge in questa località dell’Erzegovina, fino a qualche decennio fa sconosciuta, lo fa sia per una forma di curiosità, ma soprattutto per devozione. È giusto, giustissimo che possano essere accolte al meglio. 
Delle tante località religiose continuerò a non accettare la forte speculazione che c’è intorno al credo. D’accordo, è sempre esistita e continuerà a esistere. Già dal quattrocento Roma possedeva delle vie specializzate nella vendita di corone e rosari (nella Via dei Coronari). Nulla di nuovo perciò. Mi piacerebbe vivere queste località così come sono, conoscendo al meglio la loro spiritualità e bypassando tutto il resto.




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