Visitare il Campo di Concentramento di Terezin

Così come Auschwitz in Polonia, anche la Repubblica Ceca ha avuto una delle più grandi persecuzioni ebree. Il campo di concentramento di Terezin resterà come uno dei maggiori crimini contro l'umanità, in cui morirono centinaia di miliaia di detenuti. Tuttavia oggi è uno dei luoghi della memoria, assolutamente da visitare per non dimenticare, o forse per conoscere. 

Campo di concentramento di Terezin, la porta di accesso al campo

La costruzione della fortezza di Terezin avvenne nel decennio fra il 1780 e il 1790 per volere dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena, figlio di Maria Teresa d’Austria, a cui prende il nome. Faceva parte di un sistema difensivistico antiprussiano, composto da due parti distinte e collegate fra loro: la grande e la piccola fortezza. Nella prima – l’attuale cittadina di Terezin – vivevano i generali con le loro famiglie. Nella seconda – che successivamente diverrà il campo di concentramento – serviva in caso di ultima difesa dal nemico. Dal 1882 i sistemi di sicurezza vennero smantellati e le due fortezze cambiarono la destinazione d’uso. La grande fortezza fu progressivamente abbandonata, mentre la piccola fortezza divenne un carcere di massima sicurezza. Non a caso qui fu imprigionato Gavril Princip, il recida che assassinò a Sarajevo l’arciduca Francesco Ferdinando, dando formalmente inizio alla prima guerra mondiale. Princip fu detenuto nella cella numero 1, tutt’oggi esistente e ben conservata: l’unica illuminata durante le visite guidate. Qui vennero trattenuti anche soldati italiani catturati prima della battaglia di Caporetto: di 15.000, ne morivano una settantina al giorno di fame. Quasi sempre i corpi venivano nascosti sotto i pagliericci dagli stessi compagni di stanza, in modo da poter usufruire dei ranci avanzati. Ma quando l’odore di decomposizione diveniva insopportabile era necessario svelare i cadaveri. 

Campo di concentramento di Terezin, la cella dove venne imprigionato Gavril Princip


Il 10 giugno 1940 le autorità naziste presero possesso di Terezin. La piccola fortezza mantenne la destinazione a carcere, mentre la grande fortezza divenne un ghetto ebreo. Vi si aggiunsero delle mura e vi si importarono ebrei da tutta la Cecoslovacchia, radunandoli all’interno di pochi chilometri quadri. Il ghetto – inizialmente – fu pensato per uno scopo propagandistico, per mostrare al mondo come i nazisti avessero comunque rispetto per i deportati ebrei. Fu per questo motivo che l’ispezione della Croce Rossa del 23 giugno 1944 raccontò di un luogo diverso da tutti gli altri campi tedeschi sparsi in Europa. Al contempo si realizzò un documentario in cui si mostrava Terezin come una località in cui gli ebrei godevano di grandi privilegi, fra cui quello di essere lontani dalle bombe. 



A realizzare il documentario, considerato oggi come una delle più grandi menzogne del tempo, fu il regista ebreo Kurt Gerron, al tempo uno dei più famosi attori tedeschi, che recitò anche al fianco di Marlene Dietrich. I nazisti gli commissionarono il documentario sotto minacce e gli promisero la salvezza qualora il lavoro fosse stato portato a termine. Così il 26 agosto 1944 cominciarono le riprese, completate un paio di settimane dopo. Nel film si vede una Terezin completamente diversa: ebrei che possono assistere a spettacoli teatrali, che suonano strumenti e che si divertono a guardare partite di calcio giocate nel cortile della fortezza. Ebrei che potevano usufruire di un numero di portate di cibo superiore. Ma fu solo una grande menzogna che coinvolse 20.000 comparse ebree. Una richiesta esplicita fatta al regista era quella di inquadrare le celebrità trattenute nel campo: noti artisti, scrittori, professori universitari, musicisti. Alla fine delle riprese quasi tutto il cast venne spedito a Auschwitz e il campo di concentramento smantellato. Lo stesso regista, Kurt Gerron, morì assieme alla moglie i 28 ottobre 1944, in una camera a gas. 



Dal 28 settembre 1944 al 31 ottobre 1944 si cercò di smantellare il campo di concentramento. Partirono undici treni diretti in Polonia, che portarono alla morte di 18.402 prigionieri. Delle tante persone morte nel campo si bruciarono i corpi e le ceneri furono sparse nel vicino fiume Elba. Gli arrivi continuarono fino all’aprile 1945 e per uno sterminio diretto si tentò di costruire una camera a gas: tutto fallì per una rivolta degli stessi prigionieri.

Il direttore del campo, resosi conto dell’imminente fine della guerra e della successiva cattura, tentò di barattare la vita dei superstiti in cambio di opportunità. Circa 1600 prigionieri si salvò in questo modo. Quelli che il 5 maggio furono trovati vivi dalla croce rossa erano circa 16.000. Ad aver dato una nuova stangata alla vita nel campo fu un epidemia di tifo. Con l’arrivo degli alleati la fortezza restò un carcere di massima sicurezza, con i prigionieri che divennero gli stessi nazisti. I loro generali furono processati e il famigerato direttore Karl Rahm venne impiccato nella vicina città di Litoměřice, in quel palazzo collocato dinanzi allo storico Hotel Apollon. 




PRIMA DI VISITARE IL CAMPO DI CONCENTRAMENTO

Il campo di concentramento di Terezin si trova a un’ora di treno da Praga e questa vicinanza fa sì che sia una delle scelte di “contorno” per il turista che arriva nella capitale ceca. Molte agenzie offrono pacchetti di una giornata a prezzi convenienti e meno, tramite treni o tramite autobus. Ma cosa ci si deve aspettare una volta giunti fino a Terezin?

Partiamo col presupposto che Terezin sembra tutto tranne che una località turistica. E forse questo è un bene. Non vi sono grandi attività commerciali, i negozi di souvenir non esistono e i ristoranti sono il più delle volte piccoli chioschi. È un bene, che preserva quell’atmosfera necessaria per visitare il campo con lo spirito giusto. Nulla deve essere turistico, nulla deve alterare l’identità locale. Quando si giunge nei pressi dell’ingresso al campo di concentramento, in un grande parcheggio dimensionato per i tanti visitatori giornalieri, si ha l’impressione di essere in un luogo freddo e si ha una sensazione di continuo disagio. Qui sono presenti dei chioschi che cucinano per lo più carne, a seconda della tradizione culinaria ceca. Alcuni hanno subito delle influenze da fast food e con 5€ ti fanno mangiare un panino con patatine e bibita. Nelle strette vicinanze del parcheggio c’è una strada che va verso il fiume Elba e attraversa distese di campi da luppolo da cui si ricavano le birre locali.

La cittadina di Terezin, appena dopo il campo di concentramento, ha una grande piazza rettangolare, su cui si affacciano i principali edifici cittadini. Qui incontriamo poche persone e tutto sembra essere messo lì, nella speranza di un periodo più fiorente. Le poche automobili che vi transitano sono dirette verso la vicina Litoměřice, il centro urbano più importante del circondario. 


LA VISITA AL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI TEREZIN

Un viale alberato, affiancato da un cimitero, conduce fino all’ingresso della fortezza, in cui è presente il campo di concentramento. È qui – al di sotto dell’arcata di accesso – che si trova la biglietteria, che oltre a fornire i pass è il punto di smistaggio per la visita. Per prima cosa i visitatori vengono suddivisi in base alla lingua: italiani con la guida che parla italiano e così via. È un modo per “costringere” il visitatore a compiere lo stesso giro, senza farlo perdere all’interno di una vasta area. Nell’attesa della guida si può girare nel cortile appena oltre l’ingresso, entrano in quelle che erano delle stanze dormitorio. 

Campo di concentramento di Terezin, il cimitero prima dell'ingresso


Il giro comincia da un grande cortile longitudinale, caratterizzato da una cortina di edifici sui lati lunghi e da due mura perimetrali sui lati corti. In una queste si ha la famosa scritta “Arbeit Macht Frei” (il lavoro rende liberi) che preannuncia l’effettivo ingresso al campo. In questo cortile erano disposti gli uffici tecnici per lo smistaggio dei detenuti. Così, con arredi originali, si possono trovare uffici di registrazione e di gestione, fra cui quello del direttore. 

Campo di concentramento di Terezin, un ufficio tecnico


Una volta oltrepassata la scritta ci si ritrova in una serie di blocchi collegati fra loro e comunicanti con uno spazio comune. Alcuni erano attrezzati per ospitare i dormitori e hanno ancora le tracce del mobilio originale: erano grandi camerate con letti a tre livelli, in cui in contemporanea entravano oltre un centinaio di detenuti. Frontalmente al letto c’era una parete per poggiare gli abiti e al centro un tavolo con pedane. Attaccata alla finestra una piccola latrina con un solo water e con molta probabilità priva di uno scolo fognario. La temperatura invernale di questa località scendeva abbondantemente sotto lo zero e fa strano pensare a come si potesse trascorrere la notte nel gelo, con una sola tuta indosso. Il dormire assieme era un’esigenza per riscaldarsi. 

Campo di concentramento di Terezin, una camerata


In un altro blocco si trovava la cucina e qui aveva luogo uno dei riti di preparazione di cibo più crudeli che esistano. E mi spiego. I detenuti ricevevano dall’esterno del cibo e del tabacco, ma quasi nulla giungeva a loro direttamente: i generali selezionavano le cose da trattenere per loro e il resto lo mettevano all’interno di un pentolone. Si preparava una grande poltiglia fatta di carne, cioccolata, tabacco e chi più ne ha più ne metta, che alla fine portava a dissenteria e altre malattie. Con la dissenteria si avevano condizioni igieniche drastiche e il detenuto moriva quasi certamente. 



Si accede in un’area in cui sono presenti le prigioni. Molte delle cellette sono di modeste dimensioni e permettono a malapena di sedersi al loro interno senza potersi allungare. In una delle tante, la numero 1, fu detenuto il recida Gavril Princip. Altri scompartimenti possedevano le docce comuni e la lavanderia. 




Si arriva in un cortile del campo di concentramento da cui comincia un tunnel ignorato dai nazisti e risalente a quando Terezin era usata come fortezza. È un lungo corridoio, che corre per 30 km. Con la guida entriamo nella sola parte ispezionata e utilizzata dalle SS che, dopo 500 metri, conduceva in una distesa verde interna alla fortezza. Qui venivano giustiziati i detenuti in due modi: impiccagione o fucilazione. Il patibolo è l’originale mentre il fiancheggiante muro delle esecuzioni è rivestito da un terrapieno, onde evitare il danneggiamento del muro stesso. 

Campo di concentramento di Terezin, l'angolo delle impiccagioni


Il tour si conclude nell’area a servizio delle SS, dove si trova un blocco con il cinema, dove oggi si proietta il documentario di Kurt Gerron. Al suo fianco resta visibile la piscina fatta costruire dal direttore del campo, sfruttando la manodopera ebrea: uno dei tanti simboli della crudeltà nazista


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Scritto: Ottobre 2017
Ultima modifica: Ottobre 2017 

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