Turismo esperienziale in Abruzzo: la raccolta dello zafferano a Navelli

Fra le esperienze più suggestive da fare in Abruzzo c’è la raccolta dello zafferano, lungo la piana di Navelli. Un’esperienza che si può fare solo in un determinato periodo dell’anno, che va dalla seconda metà di ottobre ai primi giorni di novembre. Questo workshop è una forma di turismo esperienziale, che porta non solo alla conoscenza delle storiche tecniche di lavorazione dello zafferano, ma anche alla scoperta dei territori sulla Piana di Navelli. 

Prato di zafferano fiorito (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


Tutto viene coordinato dalla Cooperativa Altopiano di Navelli che da oltre quarant’anni coltiva lo zafferano che successivamente sarà utilizzato nelle migliori tavole. Un prodotto che costa quanto l’oro e che proviene da coltivazioni estensive in cui per tre settimane l’anno gli abitanti si svegliano nel cuore della notte per cogliere i fiori.

Questa esperienza viene oggi condivisa con i turisti: sveglia all’alba per cogliere lo zafferano, lavorazione dello stesso, trekking lungo la Piana di Navelli e successiva visita ai borghi del circondario. Il tutto in un contesto accogliente, con i colori autunnali a impreziosire il soggiorno. E naturalmente col buon cibo abruzzese a rendere speciale il tutto.

Campo nel borgo di Civitaretenga (foto di Massimiliano D'Innocenzo)

Campo nel borgo di Civitaretenga (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


- La Cooperativa Altopiano di Navelli e la raccolta dello zafferano

La sede della Cooperativa Altopiano di Navelli si trova all’interno di una abitazione del secolo scorso e se non fosse per la piccola bottega al fianco, non la si riconoscerebbe. Laddove dovrebbe esserci un’insegna ci sono le piante che scendono a cascata dal balcone, mentre una catasta di legna è pronta a scaldare durante l’inverno. All’interno, oltre all’ufficio e alla sala espositiva, c’è quella di produzione: non aspettatevi che contenga macchinari di lavorazione e operai in tuta a coordinare la catena di produzione, bensì è una semplicissima cucina – la stessa che avrete visto in casa dei vostri nonni – fatta di mobili anni ’60, centrini sui ripiani e santini collezionati sul vetro della credenza. In quel tavolo si lavora lo zafferano e le persone della cooperativa si ritrovano, come in una famiglia, come in una bottega di un tempo dove le antiche tradizioni erano coordinate dall’insieme. Le mani delle signore separano i pistilli dal fiore, mentre si ricorda il passato e si commenta il presente.

Lavorazione dei fiori (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


Fra di loro c’è la signora Gina, che spicca per la sua posizione di rilievo nella cooperativa. Assieme al fratello fu una delle fondatrici e diede vita a un progetto che dopo quarant’anni fa sopravvivere l’economia di Civitaretenga, nonostante la forte migrazione, nonostante la spallata del terremoto dell’Aquila. Gina è un concentrato di simpatia e pratica e mentre svolge tutte le mansioni illustra i passaggi. Spiega come dividere i pistilli e prepara la brace al caminetto. Mentre nella stanza il viavai di persone porta nuovi fiori da lavorare, mentre gli ospiti chiedono informazioni sulle proprietà dello zafferano.

Fiori colti dal campo e pronti per la lavorazione (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


Il workshop comincia in un campo attrezzato. Ma attenzione: non sono sempre gli stessi campi a essere usati nel tempo. Si scelgono annualmente, piantando i bulbi nei nuovi campi. Si creano delle filari di zafferano, intervallate da passaggi per entrare nel campo. Ogni volta che un fiore sboccia, si deve sradicare. Solitamente questo processo avviene durante la notte ed è fondamentale agire alle prime luci del mattino, onde evitare che il sole possa seccare i pistilli facendo perdere allo zafferano delle proprietà. A illustrare il procedimento è Massimiliano, un giovane ragazzo del luogo che rispetto alla sua generazione è emigrato per poi tornare in base, credendo nel progetto dello zafferano.

Coglie i fiori e li mette in una cesta. La svuota nella cucina della cooperativa, su quel tavolo comune. Qui, tutti assieme, si dividono i tre pistilli rossi da cui si ricaverà la polvere di zafferano, riciclando la parte gialla del fiore e mettendo da parte i petali viola. Il giallo sarà utilizzato soprattutto per le tinture, ma anche per farne dei cosmetici. Con i petali, quasi inodori, si faranno decorazioni e marmellate. Nei periodi in cui il terreno è molto generoso, e il lavoro di separazione porta via del tempo, si ricavano solo i pistilli rossi, gettando il resto. Una parte degli scarti da lavorazione viene gettata sul terreno, come segno di buon auspicio per gli anni successivi: un’antica usanza folkloristica a cui sono rimasti fedeli.

Risultato della separazione del fiore (foto di Massimiliano D'Innocenzo)

Petali del fiore gettati sul terreno (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


Nella fase finale si prendono i pistilli rossi e li si mettono su di un setaccio. Da lì sulla brace dove, a contatto col calore, perdono il 40% del loro peso. Quei pistilli cotti verranno successivamente macinati per ottenere la polvere di zafferano. Una curiosità: per non poggiare il setaccio direttamente nel caminetto si sfrutta un aggancio in cui viene appeso lo stesso: al di sotto un vaso di porcellana con la brace cuocerà i pistilli. “Il tempo di un’Ave Maria e si possono togliere dal fuoco”, ci dice Gina a proposito. L’imbustamento avviene nel vicino convento con un macchinario contemporaneo.

Zafferano raccolto (foto di Massimiliano D'Innocenzo)

Zafferano raccolto (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


- La visita a Civitaretenga

Dalla sede della cooperativa ci si dirige all’interno del borgo di Civitaretenga dove i fantasmi del terremoto del 2009 sono ancora lì, fra transenne, impalcature e centinature. Una ferita che ha compromesso il futuro prossimo del borgo, forse irrimediabilmente. Servirebbe un progetto che garantisca una sostenibilità, progetto che non dovrà abbracciare il solo settore turistico, ma soprattutto quello della produzione. Magari partendo dagli abitanti e dalle loro abitazioni, come quella di Massimiliano, che sul retro ha un terreno coltivato a zafferano. Poco prima di arrivare nelle vie del borgo, si sradicano i pochi fiori, per portarli in cucina per essere lavorati. Nella cucina di Massimiliano la madre si riscalda al camino - “L’altro ieri solo un fiore”, dice – mentre il resto del gruppo con una tisana allo zafferano: un’invenzione della signora Gina.

Il cuore del paese è inaccessibile: la torre del castello è crollata col terremoto mentre il ghetto ebraico è transennato. Sono visibili i lavori di restauro degli ultimi anni che in parte hanno alterato l’immagine d’insieme del borgo. Non ha subito danni la Chiesa di Sant’Egidio, restaurata prima del 2009, con l’inserimento del nuovo tetto. Al suo interno sono conservati affreschi e bassorilievi antichi, di grande pregio.

Dal borgo si scende verso la strada statale, arrivando in un gruppo di abitazioni in stato di parziale abbandono. Qui sorgeva un insediamento che sfruttava la presenza del torrente per alimentare un mulino ad acqua, tutt’oggi esistente ma invaso dalle piantagioni. In questo agglomerato si trova la chiesa della Madonna dell’Arco, oggi chiusa al pubblico in quanto pericolante. Il cortile su cui si affaccia è composto da un gruppo di abitazioni di cui restano le sole pareti perimetrali, mentre gli interni sono crollati con i bombardamenti alleati. 


- La visita a Navelli, uno dei borghi più belli d’Italia

Lo zafferano più famoso d’Italia era un tempo denominato Zafferano di Navelli, ma con la denominazione DOP è stato convertito in Zafferano dell’Aquila, per non escludere i tanti paesi del circondario in cui si coltiva lo stesso. Navelli è un punto di riferimento, un borgo che si mostra in tutta la sua bellezza e che lascia presagire la ricchezza di un tempo. È sovradimensionato rispetto agli altri borghi del circondario e colpisce vedere la parte bassa abitata e quella più alta quasi interamente disabitata. Le poche persone che vi risiedono sono abituate al silenzio, al buio delle vie, ai ruderi dalle porte aperte e le travi crollate a vista. Eppure una parte è restaurata ed è pronta ad accogliere una popolazione futura. Navelli potrebbe diventare il borgo più bello d’Abruzzo, se solo si investisse sul suo patrimonio edilizio. Il punto di riferimento è stato restaurato, tuttavia ha subito danni con l’ultimo terremoto: è il palazzo baronale Santucci. Questo Santucci fu il primo a importare lo zafferano dalla Spagna, che a sua volta l’aveva conosciuto grazie al dominio arabo.

Palazzo Santucci (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


Lo zafferano di Navelli divenne famoso in tutta Italia, tanto da essere esportato in Umbria (zona Castelluccio di Norcia) e in Toscana. I milanesi ne importarono grandi quantità, utilizzandolo per scopi terapeutici e artistici. Non a caso un affresco del cardinale Borromeo è presente in una chiesa del borgo. Dallo zafferano di Navelli nacque la ricetta milanese per eccellenza: il risotto alla milanese. La leggenda racconta di un pittore che aveva l’usanza di mescolare lo zafferano con i colori, per renderli più brillanti. Durante i cantieri del Duomo di Milano fu preso in giro dal resto degli operai, per via della stravagante usanza. Per vendicarsi gettò lo zafferano in un piatto di riso, durante un banchetto nella casa di quello che era il datore di lavoro del tempo. Ne venne fuori la ricetta che oggi conosciamo.

Dettaglio del borgo di Navelli (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


INFORMAZIONI GENERALI SULLO ZAFFERANO

Lo zafferano è una pianta tipica dell’Asia minore e coltivata in tutto il bacino del Mediterraneo. È una pianta utilizzata inizialmente per scopi medicinali, successivamente per scopi alimentari. È costituita da un bulbo tubero, contenente 20 gemme da cui si originano gli organi della pianta. Il fiore è un perigonio composto da 6 petali di colore viola, con la parte maschile composta da 3 antere gialle su cui si poggia il polline. Cresce in terreni rocciosi e porosi, dove non c’è un ristagno d’acqua, a temperature fredde e secche.

Pistilli rossi (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


UN CONSIGLIO SU DOVE DORMIRE

Poco prima di entrare nel paese di Civitaretenga, si trova il Convento di Sant’Antonio sulla sinistra, al fianco del cimitero. Smise di essere un convento a seguito delle riforme napoleoniche dei primi dell’ottocento e oggi è stato adibito a un ostello, dal nome "Ostello del Tratturo". Gestito dalla Proloco di Navelli, possiede 23 posti letto, divisi in camere da 2 e da 3 posti letto. Tutta la struttura ruota attorno al chiostro, in due livelli. Al pian terreno c’è una sala per ospitare gli eventi, al primo piano le camere, i bagni in comune, la cucina e un ballatoio in cui sedersi per i pasti. Il costo a notte è di 20€, includendo la colazione 25€. 


COME ARRIVARE

Per chi viene da Pescara o da Roma bisogna prendere l’autostrada A25 e uscire a Bussi. Dall’autostrada si seguono le indicazioni per L’Aquila, passando dapprima davanti a Bussi sul Tirino e successivamente a Capestrano. Si uscirà nello svincolo per Navelli seguendo le indicazioni per Civitaretenga.


COSA VEDERE NELLE VICINANZE

La Piana di Navelli è già di per se un’attrazione turistica da visitare in tutte le stagioni. Al fianco di Navelli si trova il borgo mediceo di Capestrano, che possiede un castello medievale che risalta fra le abitazioni. Qui si ha la famosa chiesa di San Pietro ad Oratorium oltre al Lago di Capodacqua. Appena oltre il paese di Navelli si ha la Chiesa di Santa Maria dei Cintorelli e una necropoli romana non ancora riportata interamente alla luce. Dall’altra parte del versante ci sono i borghi di Caporciano e Bominaco: quest’ultimo ha i ruderi del castello che dominano la Piana e l’Oratorio di San Pellegrino. Proseguendo in direzione L’Aquila si avrà il borgo di San Pio delle Camere e la città romana di Peltuinum.

L'Oratorio di San Pellegrino (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


IN QUALE PERIODO DELL’ANNO SI PUÒ OSSERVARE LA FIORITURA

La fioritura dello zafferano è un processo che non ha una specifica data, tuttavia è concentrata in un periodo di tempo che va dalla seconda metà di ottobre ai primi giorni di novembre. Ciò non esclude che possano esserci dei giorni in cui si hanno un migliaio di fiori e altri dove non ce ne sono per niente. Vederla non è un vero e proprio terno al lotto: conviene comunque prendere contatti con la Cooperativa Altopiano di Navelli e farsi consigliare il giorno più adatto per la visita.

Workshop sulla raccolta dello zafferano (foto di Massimiliano D'Innocenzo)


CONSIGLI

Per fare il workshop è necessario mettersi d’accordo con la Cooperativa Altopiano di Navelli, in modo da ricevere tutte le informazioni necessarie e soprattutto per sapere se ci saranno fiori all’indomani. Sono zone fredde: meglio coprirsi bene.

Scritto: Novembre 2017
Ultima modifica: Novembre 2017

2 commenti:

  1. Ciao, sembra assolutamente un'esperienza da provare... ma si deve prenotare in anticipo?

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    1. Ciao Alice! Sisi, è da provare.. è meglio prenotarsi, per essere sicuri della fioritura dello zafferano :)

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