Visitare Craco, il paese fantasma della Basilicata

Craco è un borgo della Basilicata completamente abbandonato e in attesa di restauri futuri è diventata una meta turistico-culturale. Qui è possibile entrare solo con tour organizzati da una associazione locale. Benvenuti in uno dei luoghi più suggestivi d’Italia, immortalato in molte pellicole cinematografiche.

 

Il borgo è situato nel cuore della Basilicata, a 54 km dalla sua provincia, Matera. Dopo aver passato la mattinata nei borghi di Castelmezzano e Pietrapertosa, decidiamo di dirigersi qui, attratti dalle voci che circolano su questo gioiello abbandonato. Dopo 40 minuti arriviamo nel borgo e subito rimaniamo colpiti dallo spettacolo che ci si presenta davanti: sembra un paese uscito da un set cinematografico, completamente abbandonato e con un’atmosfera del tutto particolare.

Non vi si può entrare direttamente dalla strada e ci si accorgerà che il perimetro è circondato da una inferriata. Per visitare Craco bisogna sottostare alle rigide regole di visita, data la grande pericolosità del sito: da un momento all’altro parti delle case e degli edifici che compongono il borgo potrebbero venir giù, provocando seri danni. Si può visitare solo la parte del paese, messa in sicurezza con lavori di consolidamento. Per faro è necessario recarsi verso l’unico punto informazioni, dove si verrà accolti da un gruppo di ragazzi addetti alle visite. I tour organizzati hanno un costo di 10€ (e li valgono tutti) a persona e prevedono anche il noleggio di caschetti da cantiere per prevenire l’esposizione della testa nei punti più pericolosi. 

Craco, Corso Umberto


Entriamo anche noi nel borgo, oltrepassando la recinzione in ferro. Ad accoglierci troviamo Paolo, un ragazzo del luogo che ci illustrerà il borgo parlandoci della sua storia. Inizia così il suo racconto e tutti noi ascoltiamo con curiosità.

Prima della frana, Craco era una città bianca, un colore tipico delle regioni del sud, e aveva le porte e le finestre colorate di blu (era un segreto per allontanare le mosche). Era costruita su due terreni ben distinti, che hanno giocato un ruolo fondamentale durante la frana: la parte alta, la più antica in cui si trovavano edifici nobili, era costruita su un terreno roccioso che ha resistito durante lo smottamento; la parte bassa del paese, invece, era posta su un terreno argilloso. L’anno che segna la “fine” di questo borgo è il 1963, quando la frana, causata dal sistema idrico, portò alla discesa del paese nella parte inferiore. Paolo ci spiega come questo fenomeno sia stato consequenziale a una serie di perdite d’acqua avutesi già negli anni cinquanta, ma mai prese in considerazione. Ad aggravare il tutto furono le pesanti addizioni di cemento armato fatte sugli edifici antichi. Si provò a contenere la frana con grandi mura di contenimento, sempre in cemento armato. Tuttavia, pochi giorni dopo l’intero blocco che avrebbe dovuto garantire la stabilità del paese si spezzò e traslò di diverse decine di metri, laddove si trovava il campo sportivo. Non trovandosi più soluzioni si arrivò al punto di evacuare il paese che da quel momento venne definitivamente abbandonato. 



Gli abitanti di Craco si stabilizzarono in due frazioni satellite: Craco Sant’Angelo, che oggi conta una ventina di abitanti, e Craco Peschiera, che ne conta poco più di 500. E la storia sembra ripetersi, ma non per cause naturali, più semplicemente perché la popolazione di questi paesi ha un’età molto alta e si sono registrate continue emigrazioni verso altre città e altre nazioni. Negli anni dal 1963 al 1970 Craco è stata una “terra di nessuno”: in paese si è derubato tutto quello che si poteva prendere. Il cinema si è accorto del borgo già dagli anni 50'. Ricordiamo, infatti, che Craco è stato il set di molte pellicole cinematografiche, quali “Cristo si è fermato ad Eboli”, di Francesco Rosi, “La Passione di Cristo”, di Mel Gibson (dove venne girata la scena dell’impiccagione di Giuda), “Nativity”, di Catherine Hardwicke per arrivare alla più recente “Basilicata Coast to Coast” di Rocco Papaleo. 



Da quel che rimane di Corso Vittorio Emanuele, dove in passato si svolgeva il mercato ed erano presenti le botteghe, ci spostiamo verso la parte del paese costruita su roccia. Passiamo per Via Onorati, una strada intitolata ad un frate francescano che ebbe il merito di aver attuato le riforme agrarie. Questa via veniva volgarmente chiamata “La Massa”, ovvero l’ammasso, e stava a indicare la zona più densamente abitata, dove viveva il ceto medio. In un’unica casa c’erano anche nove persone, assieme ai loro animali in particolar modo agli asini. 

Craco, Corso Umberto


La strada risale e così entriamo nel cuore del paese, ascoltando sempre con maggior interesse il racconto della guida. Risaliamo una scalinata, protetta da una struttura di sicurezza e camminiamo fra antiche abitazioni e palazzi. Sono tutte aperte e gli infissi mancano. Laddove c’è ancora una vetrata si prova a immaginare come potesse essere la vita dietro quel vetro, in quelle stanze un tempo dimora di qualcuno. Le piante di fichi e alberi si sono impossessate delle strade ed è pericoloso estirparle, in quanto potrebbero causare ulteriori danni. Paolo ci invita a cercare le pezze nere su alcune porte: stavano a indicare un lutto famigliare. Intanto arriviamo su Largo Macchiavelli, in un punto del paese definito come “Il Castello”. Qui si trova una torre normanna, un tempo utilizzata come carcere. È visitabile e all’interno ci sono delle finestre che mostrano il lato più suggestivo e bello del paese. Da esse si vede tutta la vallata: secondo le parole di Mel Gibson ricorda la terra di Palestina. E forse è proprio così. Un altro elemento che ci lascia affascinati è il vedere, dalla stessa finestra, il Mar Ionio e il Parco Nazionale del Pollino con un unico sguardo. 



Forse non è un caso che al di sotto di quella finestra si trovi la scritta “FANTASTICO”. Niente di più esplicativo. Eppure, se questo borgo ha subito la frana definitiva, è colpa proprio della torre normanna. Al suo interno è stata inserita, nel dopoguerra, una cisterna che da un lato ha contribuito a portare acqua nel paese, e dall’altro ha causato continue perdite di acqua sfociate successivamente nei crolli della parte bassa. 



Per concludere ci dirigiamo in un cortile in cui si trova la Chiesa Madre, dedicata a San Nicola Vescovo e di culto bizantino. È particolare la sua cupola coperta da maioliche, le più delle quale rubate nel tempo. La chiesa è stata dichiarata inagibile ed è stata soggetta a continui atti vandalici. Gli interni sono affascinanti e sono ancora riconoscibili degli altari e il pulpito. All’esterno è presente la grande campana, rimasta lì in quanto difficile da portar via. Alle spalle si vede Palazzo Grossi in tutta la sua magnificenza, con quelle finestre che guardavano ai campi. 

Craco, Chiesa di San Nicola


Il nostro giro finisce qui, davanti a un cumulo di macerie con case sprofondate come se fossero prive di macerie. Paolo ci dà l’ultima informazione prima di farci scendere. Ci dice che Craco è sotto monitoraggio da parte dell’Università di Bari e si sta studiando un modo per ristrutturarla riattivando il borgo anche economicamente. Fra le proposte quella di un recupero a fini turistici, mantenendo comunque l’attuale vocazione cinematografica. E infine ci parla di un sogno: quello di inserire nella Chiesa Madre un museo che possa raccontare il luogo. 

Craco,Palazzo Grossi


Questo sogno non è solo di Paolo, ma di tutti i ragazzi dell’Associazione #Mycraco. È grazie alla loro devozione che Craco continua a vivere. Con la loro testimonianza fanno da ponte fra la Craco del passato – quella che non esiste più e che non deve essere dimenticata – e la Craco del futuro, ossia il possibile nuovo paese che verrà. È sufficiente ascoltarli e trascorrere con loro quell’ora e mezzo di visita. Il parlare più volte al giorno con i turisti non sembra stancarli e anzi, in loro si sente quella voglia di riscatto territoriale, quella voglia di raccontare il borgo, quella voglia di far conoscere le loro radici. Se 10€ per la visita possono sembrarvi molto, non saranno mai nulla di fronte al fascino che Craco vi trasmetterà. E solo visitando questo paese potrete dire di aver contribuito alla rinascita di un luogo che è tutto, tranne che “fantasma”.

PS. Appena fuori dal borgo si trova il Convento di San Pietro, risalente al 1630. Fino al 1800 è rimasto abitato dai frati francescani minori, fra cui il già citato Onorati. Un altro gioiello da visitare assieme al paese.

Aurora Ruscetta



Scritto: Ottobre 2017
Ultima modifica: Ottobre 2017 

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Craco, Corso Umberto

Craco, Corso Umberto

Craco, Corso Umberto













Craco, Chiesa di San Nicola


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