Quella volta in cui festeggiai il Capodanno con Lucio Dalla

Il giorno prima del capodanno del 2009, a Santo Stefano di Sessanio, un piccolo borgo dell'Abruzzo, conobbi Lucio Dalla. Offrì a me e agli altri pochi presenti un concerto, in una piccola osteria nel cuore del borgo. E lì feci a lui una promessa.


Le luci soffuse del paese sembravano sciogliersi con la foschia, mentre il freddo della sera trasformava il manto nevoso in lastre di ghiaccio. Santo Stefano di Sessanio era fuori la finestra della camera, sullo sfondo. Oltre la strada statale deserta, oltre quelle piccole abitazioni che risalivano verso il punto più alto del borgo, coincidente con una torre. Una torre che svettava sul circondario. Che aveva rappresentato per secoli il punto di riferimento per i pastori arrivati fin qui per tosare il bestiame. E che quella sera sembrava il guardiano di un borgo senza tempo. Non ancora lo si poteva immaginare, ma la stessa sarebbe crollata al suolo solo quattro mesi dopo, sotto l’oscillazione delle onde di un terremoto bastardo, che in quella data di aprile del 2009 fece tremare l’Abruzzo.

Fu l’immagine di quelle luci soffuse, su uno sfondo nero che più nero non si poteva, a spingermi a lasciare la casa calda, che un camino aveva reso più accogliente. Assieme a me altri quattro amici, con cui condividevo gli spazi e la voglia di iniziare l’anno nuovo lontano dalla routine quotidiana. Erano le dieci di sera quando trascinammo la pesante porta ottocentesca per ritrovarci nel gelo dell’inverno. Zero gradi, o forse meno. Le scale scivolose, il ghiaccio che scrocchiava sotto le scarpe e il respiro che rimbalzando sulla sciarpa appannava i miei occhiali. Come alpinisti in missione avanzavamo a piccoli passi, l’uno dietro l’altro, diretti verso il borgo. Salivamo fra i vicoli periferici, abbandonati. Già, perché come tanti altri borghi Santo Stefano di Sessanio stava conoscendo un momento di spopolamento e gli abitanti, per lo più molto anziani, restavano poche decine. Dietro le pietre delle case medievali non si sentivano voci, nemmeno l’audio del televisore acceso. Nessuna luce, nessun albero di natale a illuminarsi ad intermittenza. Ma solo un gran silenzio. Dove erano finiti tutti gli abitanti e i turisti? Possibile si fossero smaterializzati? Impazzivo all’idea di ritrovarmi in un romanzo gotico, magari uno di quelli descritti da Zafon. Ma qui non eravamo a Barcellona, bensì in una remota località dell’Abruzzo. Arrivammo in Piazza Medici, il centro del borgo. Una piazza più piccola di un appartamento di lusso, in cui fermarsi al baretto o aspettare che il proprietario del bar aprisse il minimarket su richiesta. Ma anch’esso era chiuso dietro una ghirlanda natalizia. Rassegnati dalla desolazione, e affascinati dall’atmosfera, ci appoggiammo sui muretti a scambiare delle chiacchiere. Le solite stronzate dette fra amici, che rincorrono nelle tante occasioni, utili per trascorrere il tempo. Ma fu in quel momento che sentimmo un applauso lontano, o un qualcosa che forse ci sembrava tale. Non perdemmo tempo e affrettammo il passo spostandoci verso il belvedere. Sullo sfondo la nostra casa, piccola e lontana, avvolta nel buio.

Ed ecco il luogo da cui proveniva il brusio: il Cantinone. La piccola locanda che fa parte dell’albergo diffuso, il Sextantio, simbolo della voglia di rinascita del borgo. Fu qui che si erano radunati, in una stanza di pochi metri quadri, gli abitanti e gli occasionali, a invadere lo spazio riscaldato dal camino. E il cantinone è già di per se un posto magico. Ha le pareti annerite dal tempo, i mobili autentici dei secoli scorsi e delle grandi tavolate in cui mangiare e conoscere gli altri commensali. Nessuna luce elettrica, ma solo candele. Cibo servito in terracotta e acqua dalla brocca. In modo che tutto assuma un aspetto senza tempo. Da ricordare a lungo, come un’esperienza diversa e piacevole. Ma quella sera fu difficile scorgere una tavolata fra le tante teste di persone in piedi. Tutte rivolte verso lo stesso punto della stanza, al di sotto dell’imposta di un arco. Seduto con le mani sulla tastiera lui: Lucio Dalla

Il cantautore bolognese. Il maestro. Ma anche l’amante dell’Abruzzo, e di quella Santo Stefano di Sessanio che da due anni lo accoglieva per le festività. Stava offrendo un suo concerto ai pochi presenti. Con Marco Alemanno, in quel momento e forse nella vita, e una cantante, alternavano canzoni alla recitazione, per offrirci un qualcosa di magico che impreziosiva la notte prima del capodanno. Mi feci spazio fra i presenti e raggiunsi il bancone del Cantinone. Presi un calice di vino: e vi giuro, in quegli anni non sapevo distinguere se un bicchiere di vino fosse di qualità o meno, se sapesse di tappo o se appartenesse al vigneto ricercato. Ma era obbligatorio per entrare in quell’atmosfera da osteria bolognese, dove ti ascolti un cantautore mentre brindi alla vita. Assieme al vino un tagliere di formaggi abruzzesi, a chilometro zero. Mi misi comodo e aspettai il nuovo pezzo intonato. E musica fu.

Anna e Marco fu la prima che ascoltai. Quante canzoni vantano un’ultima riga così positiva? "Anna avrebbe voluto morire, Marco andarsene lontano, qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano". La ascoltavo con passione, non riuscendo a distogliere lo sguardo da Lucio che non solo la cantava, ma la viveva. Il parrucchino gli disegnava un ciuffo che scendeva sulla fronte, con gli occhiali leggermente appannati e la barba incolta. Dal pubblico qualcuno intonava il pezzo, altri si abbracciavano. Si proseguiva: Balla balla ballerino, Come è profondo il mare, Ciao, Futura, 4/3/1943, Piazza Grande. E quindi Canzone. E fu incredibile l'informalità del momento. Tutti partecipavano attivamente al concerto, ballando e applaudendo. Alle volte intonando canzoni non di Dalla, ma della scuola bolognese. Il divertimento era nell'aria. Ma ne mancava una. E forse era quella che tutti attendavamo con ansia. Il silenzio divenne melodia e le prime tre note liberarono in quella stanza Caruso. Ne conoscevo a memoria solo il ritornello e non mi sarei mai immaginato di viverla in un borgo in Abruzzo. Non c’era il mare a luccicare, non c’era un vento forte a soffiare, e l’unica terrazza del paese, appena fuori dal Cantinone non guardava Sorrento, ma le montagne abruzzesi. Ma per un attimo il mare, e quella storia d’amore, si materializzò nel Cantinone di Santo Stefano di Sessanio. "Te voglio bene assai", bastavano queste parole affinché i volti dei presenti si illuminavano e commuovevano.

Il concerto si concluse con la canzone che anticipava l’imminente capodanno: l’anno che verrà. Un buon augurio a tutti i presenti. Dopodiché solo abbracci, strette di mano e ringraziamenti. L’umiltà del cantautore nel salutare tutti i presenti al Cantinone, nel ringraziarli per la loro presenza. Prima di indossare la lunga pelliccia e coprirsi il capo. Parlai con Lucio Dalla per pochi minuti. Gli espressi un desiderio, o forse una promessa, e lui lo sposò. Avrei voluto visitare assieme a lui la città di Bologna, alla ricerca di quei luoghi che lo avevano plasmato artisticamente. Il tutto da raccontare in un diario (al tempo non ancora avevo un blog). Una promessa che fu spezzata in quella data di marzo di tre anni dopo, in Svizzera.

Nei due giorni successivi incontrai Lucio Dalla in altre occasioni. E ve lo giuro: era sempre lui il primo che ti salutava con rispetto. Era come se fosse avvolto da un velo di serenità, di felicità. Di pace verso il prossimo. E questa caratteristica lo rendeva una grande persona. In quel capodanno di Santo Stefano di Sessanio vidi per la prima e per l’ultima volta il cantautore bolognese. Mi bastò quella serata al Cantinone per avere un ricordo forte di lui. E quella sera, quando rientrammo verso la nostra casa oltre la strada statale, ghiacciata dalle temperature rigide, eravamo consapevoli di aver trascorso uno dei momenti più intensi non solo di quel soggiorno, ma della nostra vita. Rientrando mi diressi verso la finestra della camera e guardai il borgo sullo sfondo: in una di quelle case sotto la torre un uomo venuto da Bologna ci aveva fatto sperare in quell’anno che sarebbe arrivato. 


VIDEO

Su Youtube ho trovato un video in cui fu registrata parte di quella serata: 
https://www.youtube.com/watch?v=L4yfiikAxS4

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