Fra le esperienze da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita, c'è quella di trascorrere una notte presso l'albergo diffuso Sextantio, nel borgo di Santo Stefano di Sessanio. Sognavo da anni di dormire fra le dimore storiche del paese e finalmente ho avuto modo di vivere questa esperienza.
Era il 1999 e Santo Stefano di Sessanio era un borgo che destava in
stato di semi abbandono.
Abitazioni chiuse e diroccate, strade non lastricate e
vegetazione che aveva invaso le vie privandole all’uomo. Un palazzo, quello
rinascimentale, che resisteva al tempo e continuava a testimoniare quella
storia centenaria del paese, quando era un punto di riferimento per i pastori
in partenza per la transumanza, quando la “lana carfagna” veniva esportata in
tutta l’Europa, quando i Medici di Firenze vi si stanziarono per investire
sulla produzione delle lane. In quell’anno, mentre il mondo si apprestava a
salutare il millennio, un giovane ragazzo milanese girava per la regione in
sella alla sua moto. Una Honda, che dalla Lombardia lo condusse in giro per
l’Italia e lo fece fermare in Abruzzo. Vide per la prima volta Santo Stefano di
Sessanio. Ne rimase affascinato. O forse incantato è il termine più adatto. Sta
di fatto che il giorno seguente vi tornò per contrattare l’acquisto di alcune
abitazioni. Quel giovane era Daniele Kihlhgren, un nome dalle chiari origini
svedesi, colui che diverrà
il fautore del rilancio di Santo Stefano di
Sessanio. Nel giro di cinque anni arriverà ad acquistare dapprima alcune
abitazioni, per poi passare nel 2004 ad avere un quinto di tutte le case
presenti. Col restauro e la trasformazione delle abitazioni in un albergo
diffuso diede origine all’albergo Sextantio.
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Santo Stefano di Sessanio, uno scorcio del borgo |
Ma facciamo un passo indietro. Il mio rapporto con Santo Stefano di
Sessanio cominciò verso la fine degli anni ’90 quando dal finestrino della Saab
di mio padre vidi per la prima volta il borgo abbandonato. Andavamo da Ofena in
direzione L’Aquila e l’immagine di quel cumulo di abitazioni antiche
abbandonate mi restò impressa. Chissà, magari proprio mentre transitavo di lì,
Daniele Kihlgren investiva sulle abitazioni. Nonostante fossi bambino al tempo,
il ricordo mi è rimasto nitido. Molti anni dopo, nel capodanno del 2009, tornai
a Santo Stefano di Sessanio per trascorrere le vacanze assieme ai miei amici.
Ricordo che già si parlava del paese nelle agenzie di viaggio, soprattutto per
le abitazioni riconvertite a uso ricettivo. Noi alloggiammo in uno stabile
appena fuori il borgo e arrivammo a trascorrere il primo giorno dell’anno
assieme a Lucio Dalla. Col cantante entrammo in sintonia e ci trattò al meglio.
Fu proprio lui che nel pomeriggio del 31, davanti il bar in Piazza Medici, mi
presentò un uomo assieme al suo cane: era proprio Daniele Kihlgren. Se il paese
in quel capodanno era pieno, il merito era tutto suo. Lucio Dalla alloggiava al
Sextantio, noi no ed ebbi il desiderio di conoscere questo albergo fuori dal
tempo. Poi arrivò il famoso
terremoto dell'aprile 2009. Le lesioni e la ricostruzione. Il difficile impatto con la realtà.
Ma quell’albergo ha continuato ad esistere e soprattutto a resistere.
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Santo Stefano di Sessanio, Piazza Medici |
E finalmente, lo scorso dicembre, ho avuto modo di alloggiarvi per la
prima volta. Ci sono arrivato qualche giorno prima di natale e ho avuto modo di
vedere il paese addobbato per l’occasione. Non aspettatevi luminarie o festoni
natalizi, ma solo lucine sulle porte e piccoli presepi. Il paese non era tanto
concentrato sull’imminente giorno di festa, ma sul recente sceneggiato di Rai
1, dal nome “Piccoli segreti, grandi bugie”, appena andato in onda in
televisione, girato proprio a Santo Stefano di Sessanio. Così ho lasciato la
mia macchina nel parcheggio del paese e sono andato a piedi alla ricerca della
reception. Ho scelto di fare il giro lungo sia perché la via più corta era
interessata dai lavori di restauro, sia per “salutare” ancora una volta i
luoghi più significativi del borgo. Da Piazza Medici si prosegue verso il
palazzo rinascimentale e seguendo la via a raggiera si arriva alla reception
(riconoscibile dal cartello all’esterno). È ricavata in quella che era una
stalla e le luci soffuse, unite al colore scuro delle pareti, danno già un’idea
di quello che è il Sextantio. Sul fondo della reception c’è una grotta
naturale, utilizzata per ospitare il presepe.
Prima di andare nella stanza a noi assegnataci ci viene fatto fare un
giro per le camere che compongono l’albergo diffuso. Sono 37 per 55 posti
letto. Differenziano per forma e distribuzione degli spazi. Alcune hanno un
solo accesso, altre – le cosiddette conviviali – sono caratterizzate da uno
spazio comune che smista alle stanze. Ogni conviviale possiede un tavolo, quasi
tutte le stanze un caminetto funzionante. La prima convivale mostrataci
affaccia sulla piazza e vi si accede dopo aver percorso un corridoio loggiato.
La seconda si trova nelle vicinanze del cantinone e smista in quattro altre
stanze (adatta per essere affittata da una famiglia intera). In ogni stanza c’è
un letto matrimoniale e un bagno.
Ma qual è la caratteristica principale – e fondamentale – di queste
stanze? Sono tutte autentiche. Quando Daniele Kihlgren decise di far restaurare
questi spazi si raccomandò di lasciare tutto così com’era, senza alterare lo
spazio. Ecco spiegato il perché delle
pareti annerite dal tempo e delle
finestre lasciate così piccole con poca luce negli interni. Certo, fu
necessario aggiungere il riscaldamento a pavimento e i termosifoni, così come i
sanitari, ma per il resto
la stanza è inalterata nello stile. Una visione alla
Ruskin, una visione che ha permesso di far vivere l’albergo diffuso in uno
spazio senza tempo. Quest’effetto ha permesso di far trascorrere delle notti al
visitatore così come la trascorrevano gli antichi: il mobilio è del luogo,
ricomprato dallo stesso Kihlgren dai locali, le lenzuola e le coperte sono il
più delle volte originali e nel caso in cui non lo siano vorrebbe dire che sono state rifatte
con le stesse tecniche del tempo, da maestranze artigiane. L’unico elemento
contemporaneo è il bagno. E qui c’è una doppia motivazione: 1) nel passato non
esisteva il bagno e i bisogni venivano fatti in dei catini e gettati nelle
strade, 2) consegnare al visitatore dei sanitari vecchi non era la scelta più
igienica. E allora si è pensato di farli con un design che si distaccasse
quanto più possibile dal contesto, con
la matita del designer francese Philippe
Starck. La vasca da bagno è un capolavoro e la forma invita al riempimento.
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Sextantio, la vista dalla loggia di una conviviale |
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Sextantio, l'interno di una conviviale |
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Sextantio, la vasca da bagno disegnata da Philippe Starck |
La stanza che mi è stata assegnata si trova di fianco al cantinone, al
di sopra di un arco. Vi si accede da una scalinata dai gradini con alzata
maggiore rispetto alla pedata, coperta dallo stesso arco. Per entrare
il
chiavistello è quello originale, lungo una decina di centimetri e interamente
in ferro. La stanza è suddivisa su due livelli, a cui se ne aggiunge un terzo
soppalcato in legno. Il primo livello ospita il letto matrimoniale, una
scrivania, un mensolone e il caminetto (utilizzabile). È illuminato da un’ampia
finestra che si affaccia sul vicolo. Per l’occasione vengono fatti trovare
sulla scrivania dei dolci secchi tipici, come delle nevole e dei cantucci.
L’acqua non è in bottiglia, ma all’interno di una brocca di ceramica creata da
maestranze locali.
Non c’è il televisore, il telefono e il frigobar: nulla deve alterare l’identità del
borgo e il km 0. Viene concessa soltanto la rete wifi. Sopra il letto matrimoniale c’è il soppalco, accessibile da
una scalinata in legno. Conduce in uno spazio molto basso in cui si può camminare
solo se chinati. E qui un divano a terra permette di rilassarsi al caldo
leggendo un libro (nel mensolone un libro di D'Annunzio stampato negli anni '20) o vedendosi un film (col computer portato da casa, chiaro). Delle
scalette fiancheggianti il letto portano al bagno. Quasi certamente un tempo
era una stanza da letto, tuttavia è stata riconvertita per necessità di spazio.
I sanitati – come già scritto – sono contemporanei e a questi si affiancano una
scala lignea, utilizzata per appoggiare gli asciugamani, e una antica culla,
utilizzata per disporre i panni sporchi al suo interno. Il sapone e il
dentifricio sono fatti in casa.
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Sextantio, l'interno di una stanza |
Il Sextantio non è formato dalle sole stanze. Come un comune albergo
dispone di altri spazi accessori. La colazione, e alle volte anche la cena, è
servita presso la Locanda sotto gli Archi: vengono serviti prodotti a
chilometro 0 fatti in casa, come formaggi, salumi, frittate. Ma anche frutta,
marmellate e naturalmente latte e caffè. Ho cenato qui con un abbondante
antipasto della casa: polvere di funghi porcini con pecorino, farro e patate;
prosciutto tagliato a mano, salame, pecorino, cigolana, pasticcio con patate e
cipolla, mollica con noci e alici e infine castagne. L’altro ristorante in cui
è possibile mangiare è il cantinone. Vi entrai molti anni fa, quando assistetti
al suo interno al concerto di Lucio Dalla. Uno spazio riservato e accogliente,
anch’esso dotato di quello stile che altrove non si troverebbe. Un’esclusiva di
Santo Stefano di Sessanio.
C’è poi la
tisaneria, una stanza per godersi in armonia un infuso
caldo. Qui vengono serviti solo prodotti locali ed è possibile partecipare a
delle sedute per vedere come si lavora il telaio. Al suo fianco la
liquoreria
in cui accompagnare l’alcool alla lettura.
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Sextantio, la tisaneria |
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Sextantio, la tisaneria |
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Sextantio, la Locanda Sotto gli Archi |
Il modello dell'Albergo diffuso, che si diffuse a partire dal 1976 in Friuli, trova nel Sextantio il suo nome più prestigioso. Daniele Kihlgren, dopo aver recuperato il borgo di Santo Stefano di Sessanio dall'abbandono, ha investito anche sui sassi materani, costruendo il più prestigioso albergo diffuso della città. Porta sempre il nome di Sextantio e fra i progettisti c'è anche la firma di una archistar quale David Chipperfield. Infine l'imprenditore italo svedese ha recuperato il borgo di Rocca Calascio e parte di Castel del Monte.
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Sextantio, interno di una conviviale |
SANTO STEFANO DI SESSANIO, UN BORGO DA VISITARE ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA
Qualche anno fa scrissi uno dei miei primi articoli dedicati a Santo Stefano di Sessanio (
Articolo) e parlai delle caratteristiche del borgo.
Santo Stefano di Sessanio non è soltanto un borgo. È una bomboniera conservatasi fra le montagne, capace di rinnovarsi nel corso della sua storia. Si è sviluppata con l'economia della lana, è rinata grazie al turismo e oggi più che mai rappresenta un punto di riferimento per chi transita in Abruzzo. Un fattore ci fa riflettere. A Santo Stefano i servizi sono pochi, le attività commerciali si contano sulla punta delle dita. Eppure tutto funziona e il borgo è quasi sempre pieno. Estate, inverno. Tutto è regolato da quella quiete rara da trovare altrove, che ti permette di girare per i vicoli non sentendo rumori. Che ti fa trascorrere una nottata nel più completo silenzio. Una quiete che sta anche nel tempo che scorre lentamente e ti fa prendere tutto con meno frenesia.
Un borgo da visitare almeno una volta nella vita. Trascorrendoci una notte, magari al Sextantio. Approfittando delle vicinanze di luoghi magici d'Abruzzo, come una Rocca Calascio o una Castel del Monte Come un Campo Imperatore (condizioni atmosferiche permettendo) o una più grande L'Aquila.
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Santo Stefano di Sessanio, una porta del borgo |
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