Cocullo e la festa dei serpari
La festa dei serpari di Cocullo è considerata una degli appuntamenti
più famosi non solo dell’Abruzzo bensì dell’Italia intera. È dedicata alla
figura di San Domenico Abate, protettore del paese (nonché dei denti e della
rabbia), e si festeggia il primo Maggio, precedentemente il primo giovedì del
mese di Maggio. Il rito si svolge da secoli e negli ultimi anni la festa è
diventata un appuntamento più profano e turistico che sacro.
Nel mese di marzo i serpari si recano nei dintorni di Cocullo alla ricerca dei
serpenti. Li catturano e li custodiscono all’interno di teche di legno
nutrendoli con topi vivi. La specie più presente è quella del cervone, un
serpente innocuo per l’uomo.
Tutto comincia con la messa mattutina, nella quale la folla tira con i denti
una campanella della chiesa di San Domenico. Al termine della funzione, ore
12:00 circa, la statua del santo viene trasportata nelle vie del paese e viene
ricoperta dalle serpi catturate. Al fianco della statua due ragazze vestite
tradizionalmente trasportano con la testa un cesto con cinque pani sacri, i
ciambellani, in ricordo del miracolo. La festa si conclude con la liberazione
delle serpi.
La fila. Dopo questa sintesi della festa, passiamo al racconto di giornata. È previsto il bel tempo ed è già una grande cosa. La nostra partenza è fissata alle ore 8:30 e considerando che per raggiungere a Cocullo da Pescara si impiegano circa 40 minuti di marcia, abbiamo calcolato di arrivare in paese dopo un paio d’ore (file comprese). Dalla mia città stanno già partendo dei pullman e dei treni, organizzati per l’occasione. Si aspetta il pienone, speriamo bene. Ci immettiamo in autostrada e percorriamo il tratto che ci separa dal paese senza nessun disagio. Il primo dubbio che ci assale è a seguito di un cartello luminoso, che ricorda ai viaggiatori che c’è fila presso l’uscita “Cocullo”. Uscire a Pratola Peligna (quella prima) e farsi una ventina di chilometri su strada normale, o tentare di uscire a “Cocullo”, a circa due chilometri dal paese rischiando la fila? Scegliamo la seconda opzione. E in parte ce ne pentiamo. Percorriamo l’ultimo tratto autostradale ed eccoci dinanzi al cartello; impegniamo la corsia di decelerazione e siamo costretti a fermarci dopo cento metri. Siamo alla coda della fila, lunga probabilmente un paio di chilometri. Si formano le doppie file, per permettere agli ultimi usciti dall’autostrada di non sostare pericolosamente lungo il lato destro della carreggiata. Le file in realtà non sono due, bensì quattro: quelli che provengono dalla uscita opposta e che si raccordano sul nostro tratto. Qualcuno scende dalla propria vettura, altri ne approfittano per andare al bagno nelle fratte fiancheggianti la corsia. Tutti rinnegano il momento. Dopo quaranta minuti paghiamo la tratta e di corsa andiamo alla ricerca del parcheggio. Anche in questo caso si rischiano di perdere minuti. Lo troviamo a qualche chilometro di distanza dal paese, nella frazione di Casale. Altri arriveranno a parcheggiare le loro vetture nei pressi di Anversa degli Abruzzi, a nove chilometri da Cocullo. Facciamo un tratto di strada a piedi e prendiamo la navetta. Dieci minuti dopo siamo arrivati. Sono passate tre ore dalla partenza.
Il Pienone. La prima cosa che noti giungendo in paese è il turismo che gira attorno alla festa. Un cordone di bancarelle accompagna la marcia verso la Piazza principale del paese. Così puoi trovare sul bancone il cibo tipico abruzzese, la porchetta di Trasacco e anche il finto serpente made in China. Questi ultimi sono comprati dai bambini. Degli artigiani espongono le loro opere e quella che mi colpisce maggiormente è una scultura lignea intagliata. I dialetti si mescolano nella via e riconosci l’accento napoletano, quello ciociaro e anche il romano. Più ci si avvicina al paese e più gli spazi vitali sono ristretti. Schiacciati fra corpi, in attesa dell’inizio della manifestazione, con il sole che picchia sulle nostre teste. Tantissimi fotografi, giornalisti ed operatori televisivi; sono in prima fila, sui balconi, in angoli strategici. Mi accorgo che la mia Pentax professionale non è in grado di competere con macchinette fotografiche dotate di tele obiettivi.
I serpenti. Una ragazza si avvicina nell’esatto punto in cui sto sostando. Mi mostra il suo serpente e ne approfitto per scattare delle fotografie. Mi consiglia di non accarezzarlo in quanto è ancora scosso dalla giornata. Non mi sembra affatto nervoso, tuttavia preferisco evitare. Passa un secondo ragazzo, questa volta con un cervone fra le mani. Chiedo lui cortesemente di poterlo accarezzare e senza batter ciglio me lo porge e la serpe si avvicina con la testa sul mio braccio, per fare conoscenza dell’arto a lui estraneo. Con la lingua biforcuta nera sembra anticipare le sue mosse. Delicatamente si sposta verso una signora al mio fianco. E ne passano altri, tutti circondati da curiosi turisti. Dalla finestra di una casa rivolta sulla piazza compare una ragazza, anch’essa con un serpente fra le braccia. Si accorge dell’obiettivo della mia macchinetta rivolto verso di lei e per la situazione creatasi si mette gentilmente in posa.
La processione. Il prete pronuncia le ultime parole della sacra funzione. Sopraggiunge la banda, il portatore del gonfalone e le autorità si dispongono per organizzare un cordone di contenimento. Veniamo schiacciati ai lati del passaggio previsto. In lontananza ecco la statua del santo essere trasportata da quattro uomini. Esce dal portale della chiesa, viene poggiata a terra e ricoperta dai serpenti. La banda da fiato agli strumenti e il vescovo si pone in primo piano. Le due ancelle trasportano le ceste in testa e gli alpini regolano il flusso. In una direttrice prevista, la statua viene accompagnata nelle vie del paese, per poi rientrare nella chiesa.
Cocullo. Terminata la processione ne approfittiamo per un giro in paese. Visitiamo il borgo fortificato che si affaccia sulla Valle del Sagittario. A circondare la piana le tante pale eoliche, poste a monte, che probabilmente degradano il paesaggio. Oltrepassiamo la Torre medievale e la Chiesa di San Nicola; sostiamo dinanzi la Chiesa di San Domenico.
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