"La vita è un viaggio": nella mia Pescara con Beppe Severgnini
Siamo sinceri. Cosa
fareste se improvvisamente, vi trovaste davanti uno dei vostri punti di
riferimento? Ne sono certo: fareste quello che ho
fatto io. Ma andiamo con ordine. Terminata la conferenza di Antonio
Pascale al
FLA2014, accompagno il mio amico Manuel alla macchina. Uscendo
dall’Auditorium Petruzzi, ci ritroviamo davanti il giornalista e
saggista Beppe
Severgnini. Ora, tutti quelli che mi conoscono sanno quali sono miei
punti di
riferimento: scrittori e giornalisti di viaggio. Tiziano Terzani, Bruce
Chatwin e per l'appunto, Beppe Severgnini. Per questo, rincontrandolo
dopo un anno,
mi fiondo verso di lui. Signor
Severgnini, salve! L’ho conosciuta l’anno scorso a Roma, al Festival della
Letteratura di Viaggio. Mi pone la mano, non si scompone. Si ricordo il Festival. Rotto il
ghiaccio, chiedo cortesemente di potergli fare un’intervista. La sua risposta
non è immediata. Tuttavia ci invita al tavolo del Café Letterario e ci offre un
calice di vino bianco. Ci domanda quali siano i nostri studi, le nostre
passioni. Dopo le presentazioni non ci rilascia nessuna intervista, tuttavia ci
concede una possibilità ben più grande. Vi
do la possibilità, domattina, di accompagnarmi per la città. Sia chiaro: non
voglio guide turistiche. Scegliete voi il filo rosso di visita. Poi scrivete
dell’esperienza sul vostro blog. Accettiamo la proposta e organizziamo la
visita.
La mattina alle 10.30 siamo nell’Hotel
Plaza, in Piazza Sacro Cuore. Non si presenta il solo Beppe Severgnini, ma
anche Anna Masera, responsabile dell’Ufficio Comunicazione della Camera dei
Deputati, e la giovane giornalista Stefania Chiale. Siamo in cinque. Il giro
può cominciare. Passiamo dalla via del corso diretti verso il mare. Il primo
edificio di cui raccontiamo la storia è l’ex Cinema Teatro Excelsior. Ci
soffermiamo sulla storia del suo fondatore, Sabatino Montebello, che ricevette
in regalo dallo zio, Antonio Di Silvestro una “lanterna magica”, donatagli dai
fratelli Lumière. Di lì a poco, comperò la prima macchina da proiezione e
trasmise i filmati nella sua cantina. Il pubblico aumentò, le sedie non
bastarono. Costruì il Cinema Excelsior, oggi convertito in appartamenti.
Probabilmente qui, nel 1954, venne
proiettato il film “I vitelloni”, di Federico Fellini. Spieghiamo come Pescara
sia legata a questo film. Partiamo dal presupposto che lo sceneggiatore, Ennio
Flaiano, nacque a Pescara nel 1910. Il film racconta la storia di cinque
ragazzi disoccupati di Rimini e dei loro divertimenti, come quello di urlare
dalla macchina: celebre è la battuta che Alberto Sordi accompagna al gesto
dell’ombrello: lavoratori, lavoratori della malta.. (e pernacchia al seguito). In
realtà, il personaggio del “vitellone” non appartiene alla cultura di Rimini.
Il vocabolo nacque dal gergo pescarese, dopo la seconda guerra mondiale. Al
tempo, il tasso di disoccupazione era elevato e molti giovani erano
nullafacenti. Passavano le giornate intere nei tavolini dei bar del corso, a
parlare di sport e a commentare il vestiario dei passanti. Alle persone più
agiate urlavano “vitellò”, per via della loro pelliccia, senza sapere che
quella stessa parola avrebbe, un giorno, rappresentato la loro categoria. Come
ricorda mio padre nelle nostre conversazioni, quando si salutava un amico si
esclamava: “Uhe vitellò, gna’ sti’?” (Ehi vitellone, come stai?). Oggi il
termine è scomparso dal dialetto pescarese, resta il solo ricordo delle tante
testimonianze.
La storia appassiona i nostri ospiti.
Il discorso si concentra sulla figura di Ennio Flaiano. Ieri ho visitato la casa natale di D’Annunzio e ho saputo che quella di
Flaiano è chiusa. Perché la città non valorizza questo personaggio? Domanda
Beppe Severgnini. E non sbaglia. Purtroppo D’Annunzio oscura Flaiano: parchi,
viali, spazi culturali, attività commerciali portano il nome del Vate. Lo
sceneggiatore viene ricordato dall’omonimo premio, attivo dal 1974, da qualche
targa e da una piccola via di Pescara Vecchia. Poco per una persona che ha
rivoluzionato il modo di scrivere e di fare giornalismo. Nel frattempo
arriviamo in Piazza Salotto.
Questa è la piazza centrale della città? Ci domandano. Sì, e conserva un
primato: è unica nel suo genere in Italia, infatti nonostante non vi siano
edifici civici o religiosi è la piazza più importante della città. Ci dirigiamo
verso il mare raccontando la storia di Aterno, di Castellammare Adriatico e
della loro fusione nella attuale Pescara. Fiancheggiamo la Nave di Cascella,
simbolo della città e continuiamo la visita dalla spiaggia.
In ordine: Beppe Severgnini, Stefania Chiale, io, Anna Masera. Foto di M. Santoro |
È bello vedere come il corso termini su questa vista prospettica. Esclama la Masera osservando il Mare
Adriatico. Vero. Non tutta la costa è stata invasa dalle attività balneari, per
fortuna. Spieghiamo come la spiaggia si converta d’estate: gli ombrelloni, e le
palme, invadono a fasce il litorale, donando colore. Alcuni scelgono la
spiaggia libera, portandosi l’ombrellone da casa, altri pagano la quota per
avere l’ombrellone per i tre mesi estivi. Ma
da voi si paga l’ingresso in spiaggia? Chiede la Masera. No, le attività
balneari permettono il transito sul proprio terreno senza tassazioni. Per un
momento restiamo tutti in silenzio con gli occhi puntati all’orizzonte. Le
poche nuvole velano l’azzurro del cielo escludendo, comunque, precipitazioni.
Lontano, nella mia Montesilvano, un fascio di luce esalta i palazzoni in
cemento della costa. Dall’altra parte il Ponte del Mare valorizza il paesaggio.
C’è turismo qui? Domanda la Chiale.
Sì, per lo più estivo: molti romani, napoletani, pugliesi, tedeschi e
scandinavi scelgono la città per le loro vacanze. Il target è giovanile.
Acceleriamo il passo, la Chiale ha un
appuntamento per un’intervista. Nel frattempo Beppe Severgnini si ferma, attratto
da un oggetto colorato. Coglie una formina e la pulisce dalla sabbia. Era
incastrata nella battigia dall’estate, testimone dalla frenesia dei bagnanti,
appartenuta a chissà quale bambino. Il giornalista torna verso di noi, prende
sottobraccio le due donne e si fa scattare una fotografia controvento.
Stefania Chiale, Beppe Severgnini e Anna Masera controvento. Foto di M. Santoro |
Lasciamo la spiaggia per inoltrarci
fra i palazzoni. Questi palazzi sembrano
gli stessi di una Roma o di una Milano. Esclamano. Dirottiamo la marcia per
accompagnare la Chiale all’appuntamento. Dalla Chiesa di Sant’Andrea prosegue
il nostro giro in quattro.Portiamo Beppe Severgnini e Anna Masera in quella
Pescara che prossimamente scomparirà: nel quartiere marinaio di Borgo Marino.
Durante i primi anni del novecento i pescatori si stanziarono alla foce del
fiume Pescara e costruirono le loro abitazioni. Utilizzarono materiali semplici
come il laterizio o altri di fortuna, il tutto per garantire un tetto alle
rimesse e alle famiglie. Le abitazioni erano basse, massimo due piani, con
cortili interni e forme semplici. Con gli anni è arrivata la speculazione, i
compromessi, le concessioni e di quel quartiere restano poche case. Confinano
con alti palazzi e sono lasciate in parziale abbandono. Fanno gola ai
costruttori. Un cortile è ancora presente. Nessun asfalto o cemento, ma terra
fresca. Vi entriamo. La Masera osserva una abitazione dal tetto crollato. Beppe
Severgnini scambia delle battute con un
signore del luogo. Io e Manuel fotografiamo quanto più possibile: tra una
decina di anni qui potrebbe sorgere un palazzo. Facciamo visita nella bottega
di un falegname commentando la maglia di Beckham del Milan, unico tocco di
colore nel locale. In prospettiva una muratura blu annuncia la casa di Domenico
“Mimì” Zizzi.
Beppe Severgnini dialoga con un abitante del quartiere |
La casa di Domenico "Mimì" Zizzi |
La casa di “Mimì” è il cuore pulsante
del quartiere. Una casa di marinai aperta ad amici e curiosi, trasformata in un
museo dei ricordi familiari. Ecco perché sulle pareti sono appesi oggetti quali
fotografie, utensili, lanterne di imbarcazioni, quadri, arpioni, ritratti del
duce e l’immancabile peperoncino a essiccare. Esternamente le pareti ospitano
disegni narrativi che raccontano la pesca, l’imbarcazione, la Pescara di un
tempo. Sul più grande, in tintura blu decorato con conchiglie e crocifisso, si
legge: “BORGOMARINO E I TRABOCCHI. C’ERA UNA VOLTA.”
Il proprietario ci accoglie
sull’uscio. È già passato di qui o forse
l’ho vista in televisione. Esclama “Mimì” rivolgendosi a Severgnini. Il
giornalista si presenta e l’anziano marinaio sorride soddisfatto della sua
presenza. Entriamo e ci accomodiamo. Anche l’interno è un trionfo di colori.
Seduti intorno la tavolata in legno raccontiamo aneddoti sulla marineria
pescarese. Un tempo il mare era più
pescoso. Quando gettavi la rete, la dovevi issare dopo meno di un’ora per il
tanto pesce. Oggi le reti restano a mollo per intere mattinate. Terminata
la frase, prende una pentola per l’acqua e ci invita al pranzo. Rifiutiamo.
Al che va nell’altra stanza e torna con una stampa fotografica e un quadro. Si
definisce un’artista e seppur le sue tele non hanno nulla di artistico,
trasmettono una positività nei confronti del mondo. La foto, invece, ritrae i
trabocchi pescaresi negli anni sessanta. I
trabocchi erano in mare. Oggi sono sulla sabbia. Quanti ragazzi sono morti in
quelle acque. E aggiunge un aneddoto. Il
pescatore non deve mai uscire in mare nel giorno dei morti, perché potrebbe incontrare
Caroonte, e nel giorno di San Giuseppe, costruttore di casse da morto.
Quella stampa fotografica viene regalata a Beppe Severgnini, accompagnata
dall’invito a tornare. In cambio riceve un autografo con caricatura dal giornalista
[Qualche giorno dopo sono tornato nella casa di “Mimì”, proprio nel momento in
cui stava incorniciando l’autografo]. Lasciamo la casa, il giro sta per
terminare.
Anna Masera e Beppe Severgnini dentro la casa di "Mimì" |
Domenico "Mimì" Zizzi saluta Beppe Severgnini |
Ancora una volta verso Sant’Andrea.
Passiamo davanti il ristorante “Poseidone”, soffermandoci. La buona cucina è inversamente proporzionale all’arredamento
improponibile. Ci dice Beppe Severgnini. Poseidone che infiocina il pesce è un chiaro elemento di arredamento
improponibile. Qui si mangerà sicuramente bene. Conclude indicando
l’insegna in rilievo del ristorante. Sorridiamo affascinati dalla teoria. Lasciamo
Borgo Marino. Costeggiamo il Palazzo della Provincia e assistiamo
all’intervista di David Parenzo alla Masera, presso l’Hotel Duca D’Aosta. Quindi
Corso Vittorio Emanuele, i mercatini dell’antiquariato, Piazza Sacro Cuore.
Fine del nostro viaggio.
Mi torna in mente la frase di Kapuscinski
nel mio segnalibro: "un viaggio non inizia nel momento in cui partiamo ne
finisce nel momento in cui raggiungiamo la meta. In realtà comincia molto prima
e non finisce mai". Ed è stato così. Questo viaggio è
cominciato quando comprai il primo libro di Severgnini, appassionandomi alla
sua professione e prendendolo come esempio. E sono sicuro non si
è concluso con il saluto in piazza o col messaggio di ringraziamento del giorno
dopo: in realtà non è mai terminato e la passione che ho impiegato quella
mattina, sarà carburante per il mio futuro.
Foto di gruppo davanti il Sacro Cuore |
Note
- Positive: Beppe Severgnini e Anna Masera, hanno apprezzato il rapporto fra la città e il suo mare.
-
Negative: il giorno prima dell'appuntamento, Beppe Severgnini, e gli
altri ospiti del FLA2014, hanno cenato al ristorante "La zattera". Il
taxi per tornare all'Hotel Plaza, è costato 50€. Prezzo eccessivo per un
tratto di strada di circa 3,5 km!
Cosa ho imparato da Beppe Severgnini?
- Mai due "che" nella stessa frase. [che è meglio!]
- Mai più di un aggettivo nella stessa frase.
- Semplificare la scrittura. [il verbo "recare"? Meglio usare un sinonimo]
- Se il lettore non recepisce il messaggio, la colpa è dello scrittore.
- Mai scegliere ristoranti che espongono foto del cibo. Meglio quelli che espongono foto di famiglia.
- ... che la vita è un viaggio!
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