L’autunno è una delle stagioni di cui
meno si parla: vuoi perché rappresenta l’inizio della nuova stagione, intesa
come lavorativa, vuoi perché dopo l’estate è tutto più pesante. Di inverno ci
godiamo la neve, in primavera la fioritura, in estate il calore e in autunno
restiamo affascinati dai colori. I colori della natura in mutazione. Ecco
perché abbiamo deciso di cercare nella nostra regione, l’Abruzzo, il colore
dell’autunno. Partiamo verso le dieci, dopo un abbondante colazione alla
pasticceria Michetti di Montesilvano. Siamo in cinque e la direzione è
Pescocostanzo. Prendiamo la A24 e usciamo a Sulmona. Dalla città dei confetti
verso Roccaraso, svoltando sulla Piana delle cinque miglia per Pescocostanzo.
|
Pescocostanzo, Bosco di Sant'Antonio |
Alle undici siamo in paese. Tuttavia
non sostiamo, anzi, svoltiamo verso il Bosco di Sant’Antonio, distante quattro
chilometri dal centro del paese.
Percorriamo il tratto di statale,
gettando lo sguardo sui paesaggi intorno a noi. Inizialmente verdi pascoli, che
sfumano nell’aridità della roccia di montagna, attraversati da mandrie di
mucche, pericolose quando attraversano la carreggiata. In seguito un letto di
foglie rosse, anzi ruggine, testimonia il passaggio della stagione autunnale e
l’imminente arrivo dell’inverno.
Lungo questo tratto di strada si incontrano diversi cartelli indicanti il
bosco. Quando si arriva in prossimità del bosco stesso, esattamente
all’ingresso sulla statale, nessun cartello indica il sito. Ecco perché
procediamo per centinaia di metri senza sostare. Una volta accortici
dell’errore, torniamo indietro e parcheggiamo davanti “il faggeto”, un
ristorante di cui racconterò più avanti.Parcheggiamo sul bordo della strada e
seguiamo il sentiero. Un breve tratto fangoso, circondato da piantagioni verdi
e basse, ci conduce verso il Bosco di Sant’Antonio. Ad annunciare l’arrivo è un
arbusto secolare, abbattuto pochi anni fa, circondato da una staccionata. Nella
sezione è possibile osservare i tanti anelli, indicatori naturali dell’età. In
realtà non è facile distinguerli fra loro: sono talmente tanti da confondersi
l’uno con l’altro. Poco più avanti la faggeta si fa più fitta: siamo arrivati.
Non è facile descrivere questo bosco. È una di quelle cose che vanno osservate
per poterle capire. Partiamo con i colori. Le tante visuali offerte hanno, per
l’appunto, in comune i colori. Il verde dell’erba, il rosso ruggine delle
foglie a terra, il marrone scuro degli alberi, il giallo delle ultime foglie
appese, l’azzurro del cielo. Assieme ricordano un quadro impressionista. Il
suolo è fresco, probabilmente per le precipitazioni del giorno prima. Alcune
montagne di terra spostata, dalla forma di un vulcano con tanto di cratere,
sono le tane delle talpe. Una “metropoli” di questi animali, visto che in un
centinaio di metri ne conto una cinquantina. Gli alberi sono spogli e dei
rigogliosi rami primaverili rimane solo la parte più secca. Le ultime foglie
cadono al suolo. Precipitano lentamente, seguendo una traiettoria non scritta.
Lasciamo il bosco e ci sediamo su una panchina da pic-nic. Restiamo qualche
minuto a goderci l’atmosfera. Non fa freddo e non tira vento.
|
Pescocostanzo, Bosco di Sant'Antonio |
|
Pescocostanzo, Bosco di Sant'Antonio |
|
Pescocostanzo, Bosco di Sant'Antonio |
|
Pescocostanzo, Bosco di Sant'Antonio |
Nell’ora di pranzo ci spostiamo nel
vicino ristorante “il faggeto” (www.ilfaggeto.it), proprio dove avevamo
parcheggiato la macchina. Entrando, richiediamo di sederci a ridosso del
caminetto. Tuttavia il posto è già prenotato. Allora ci sediamo nel salone
principale, con vista sul Bosco di Sant’Antonio. Il menù offre una scelta di
primi di qualità, carni scelte e vini anche pregiati. Nell’indecisione,
scegliamo cinque primi differenti l’uno dall’altro: io opto per ravioli di
ricotta con tartufo grattugiato. Giovanni per le fettuccine alla boscaiola,
Manuel per una polenta al ragù con salsiccia, Azzurra per una particolare pasta
agli spinaci e funghi. Nell’attesa della preparazione dei piatti, dalla cucina
ci offrono due assaggi: una polenta pasticciata (buona), fatta di polenta,
mozzarella, funghi; gnocchi di rapa rossa con tartufo grattugiato (ottimi). Il
mio primo, ravioli di ricotta con tartufo grattugiato, è un piatto ottimo. Come
secondo prendiamo un arrosto misto: buonissima cottura, consigliata la bistecca
e la pancetta. Un Montepulciano del 2011 accompagna il pranzo. Dopo il caffè si
va al conto: non riporterò il totale, tuttavia abbiamo speso poco per tutto
quello che abbiamo mangiato. Consigliato.
Nel primo pomeriggio, con il sonno
della digestione, ci spostiamo a Pescocostanzo. Parcheggiamo ai giardinetti
comunali e risaliamo verso il centro. La prima sosta è nella Chiesa di Gesù e Maria
risalente al 1611. La sua costruzione serviva per ospitare la comunità dei
francescani. Di grande pregio architettonico è l’altare di Cosimo Fanzago. Al
fianco dell’edificio è presente il famoso ristorante “tre frati”. Davanti la
facciata della chiesa, tipica abruzzese, troviamo la una scuola storica del
paese. Proseguendo su via Ottavio Colecchi, raggiungiamo la piazzetta
antistante la Collegiata di Santa Maria del Monte, simbolo del paese. La
struttura, rialzata dal livello stradale da una alta scalinata, venne costruita
nella sua prima forma nel XI secolo. Un terremoto la distrusse nel 1456 e solo
dieci anni dopo fu ricostruita e ampliata. L’interno è in pietra con una
policromia degli arredi. Il legno è l’assoluto protagonista: lo troviamo nei cassettoni
della copertura, nel pulpito, nei dipinti, nelle sculture. Di ottima fattura è
il coro. Al suo interno, ancora oggi, il battesimo avviene secondo il rito
ambrosiano, impiegato dagli immigrati lombardi che giunsero a Pescocostanzo nel
XV secolo. Al fianco della Collegiata, si erge la Chiesa di Santa Maria del
Suffragio dei Morti, purtroppo chiusa durante il nostro passaggio. Nelle
vicinanze della chiesa si trova un bassorilievo con dei teschi e una scritta:
l’opera barocca, serviva per ricordare il senso della vita. Come per dire
“ricordati che devi morire”. Ci spostiamo verso la piazza principale del paese,
seguendo la pavimentazione a “frecce”. Restiamo incantati dalle attività
commerciali ricavate in vecchie abitazioni. Quello che ci colpisce di più è un
ristorante, con le luci calde dell’interno, visibile da una finestra ornata con
vasi.
|
Pescocostanzo, Via Ottavio Colecchi |
|
Pescocostanzo, Collegiata di Santa Maria del Monte |
|
Pescocostanzo, bassorilievo barocco |
|
Pescocostanzo, prospettiva verso Piazza del Municipio |
|
Pescocostanzo,campanile della Collegiata di Santa Maria del Monte |
Giunti in Piazza del Municipio ci
fermiamo a scattare delle fotografie. Davanti a noi il municipio,
caratterizzato dalla torre con orologio e preceduto da una fontana. Sulla
destra il Palazzo Fanzago, con elementi tipici barocchi. La sua costruzione
risale al 1624 e venne utilizzato per ospitare un convento di clausura. Oggi
ospita un museo e la scuola del tombolo (merletto), nonché un bar.
Ci dirigiamo alle spalle del palazzo,
recandoci verso la Chiesa di Sant’Antonio Abate. È stata costruita in un angolo
del paese rimasto al naturale. Per arrivarci, occorre risalire delle scale in
pietra e costeggiare un ammasso lapideo. Al di sopra è possibile osservare
l’intera valle. La sua posizione domina il paesaggio. Dopo aver incontrato un
lupo cecoslovacco e aver scattato una fotografia a una statua ritraente un
volto, torniamo in piazza.
|
Pescocostanzo, Palazzo Fanzago |
|
Pescocostanzo,prospettiva verso la Collegiata di Santa Maria del Monte |
|
Pescocostanzo, Chiesa di Sant'Antonio Abate |
|
Pescocostanzo, veduta prospettica |
La nostra giornata a Pescocostanzo
termina nel bar di Palazzo Fanzago. Entriamo per una cioccolata calda, e alla
fine brindiamo con l’anima nera e io con un bicchierino di Genziana.
Nessun commento: