Scoprire l′Abruzzo in bicicletta: pedalata notturna sulla Valle del Tirino
Fra i più belli e consigliati appuntamenti in Abruzzo vi è sicuramente la ciclopedalata al tramonto sulla Valle del Tirino. Si tratta di una passeggiata in bicicletta sui luoghi più belli che caratterizzano Bussi e Capestrano, paesi molto vicini fra loro. Si parte nel tardo pomeriggio e si rientra nelle ore notturne. Il tutto accompagnato dalla natura, dall’arte e soprattutto dal cibo. Sono stato invitato a partecipare al giro inaugurale.
Raggiungo la località di Bussi sul Tirino che è distante una quarantina di chilometri dalla città di Pescara. Mi dirigo in largo anticipo presso il Centro Visite sul Tirino, sede della Cooperativa “Il Bosso”, organizzatori dell’evento. Una volta parcheggiata la macchina, loro sono lì, ad aspettarci con delle nuovissime Atala pronte a essere affittate.
A partecipare all’iniziativa non ci sono solo esperti delle due ruote e amanti della mountain bike, bensì anche principianti come me che condividono la curiosità del momento e una leggera preoccupazione per il percorso. Tuttavia, già dal ritrovo, non veniamo lasciati soli: gli stessi organizzatori si occupano di controllare le biciclette, regolarne l’altezza e la pressione delle ruote e soprattutto seguirci lungo tutto il percorso con un furgone per l’assistenza tecnica. Alle 18:00, come da programma, partiamo alla volta della Valle.
Partenza davanti al Centro Visite Tirino |
Il primo tratto passa per meno di un chilometro nelle vie di Bussi per poi inoltrarsi nel parco fluviale del Tirino. È necessario sovrappassare un ponte in legno e proseguire sul terreno battuto per un centinaio di metri. Al termine di una curva, che segue l’andamento del letto del fiume, si è costretti a risalire su un terreno molto più pesante e dall’erba alta. Oltre la salita si torna sulla strada asfaltata per poi riabbandonarla nei pressi di una fontana posta al fianco di una triade di strade. Si continua su una strada ghiaiosa per circa due chilometri. La sorpresa è quella di ritrovarsi una Chiesa immersa nella natura.
Si tratta della Chiesa di San Pietro ad Oratorium. Le fonti storiche contrastano sulla nascita della fabbrica: alcuni la fanno risalire al 722, anno in cui Desiderio – re dei longobardi – concesse il terreno per la costruzione. Altri la fanno risalire al 756. Sta di fatto che fu ricostruita nel 1100 con uno stile già visto a Serramonacesca nella Chiesa di San Liberatore alla Majella. Esternamente è in stile medievale, spoglio e semplice. La facciata è a salienti e consta di un portale archivoltato, il retro è caratterizzato dalla sporgenza dei tre absidi. All’interno è divisa in tre facciate separate fra loro da pilastri e possiede un ciborio e affreschi di gran fattura. Ma il vero cuore del complesso è una pietra posta in facciata: è il cosiddetto quadrato magico. “Rotas Opera Tenet Arepo Sator”, un’iscrizione palindroma dal messaggio mai codificato. Si pensa possa avere un significato bucolico, ma anche cristiano. Infatti anagrammando le sue lettere uscirebbe fuori il Pater Noster. Incuriosiscono la lettera iniziale e quella finale: “a” e “o”, come “α” e “Ω” nell’alfabeto greco. L’inizio e la fine di tutto. Al fianco della chiesa scorre il Tirino: il flusso delle correnti fu modificato dagli stessi frati per aumentare l’energia prodotta dalle acque.
San Pietro ad Oratorium |
Rimontiamo in bicicletta e percorriamo cento metri verso il paese di Capestrano. Sulla sinistra troviamo una spiaggetta affacciata sul Tirino. Qui si vengono a riprodurre e a nidificare le colonie di Aironi. Nuovamente in sella, ci fermiamo dopo cinque minuti di marcia.
La spiaggetta sul Tirino |
Il nome Capestrano deriva da “Capo Tritano”, capo delle tre sorgenti. Non a caso è qui che il fiume Tirino nasce da tre sorgenti differenti, con acque che arrivano dal massiccio del Gran Sasso e salgono in superficie una volta trovata l’argilla. Sono molto fredde, con una temperatura costante di 10°C per tutto l’anno, salvo piccole variazioni. Gli unici pesci, oltre ai gamberi, sono le trote. Ma non solo: vi sono delle specie marine, note con il nome di tifi, che ripuliscono le acque da corpi in decomposizione e fanno sì che il Tirino possa essere pulito durante tutto l’anno. È stato definito un ecosistema perfetto.
Il fiume ha garantito uno sviluppo dell’economia locale. Fu uno degli avamposti della transumanza e da qui passavano i pastori diretti verso il Tavoliere delle Puglie. Da queste pecore si ottenne della lana pregiata, tantoché la famiglia dei Medici di Firenze decise di investire sul territorio abruzzese: acquistarono Santo Stefano di Sessanio e Capestrano, trasformando i due borghi in stazioni commerciali. Nacque così il fronte L’Aquila – Napoli, per la tosatura e lavorazione delle lane. Da Napoli a Roma, da Roma a Firenze. Capestrano ha parallelamente costruito delle rimesse per la tosatura e il lavaggio delle lane, ma non solo: grazie alle acque del fiume furono aperte delle segherie per la lavorazione del legno e si cominciarono a vendere i gamberi di fiume. Oggi la nuova forma di guadagno si chiama turismo e Capestrano ne ha da vendere, soprattutto in esperienze. Qui si può girare la valle in sella a un asino e sempre qui è possibile fare escursioni sul fiume Tirino in canoa o kayak. Si rema controcorrente assieme a una guida locale.
Ci incamminiamo per altri 10 minuti di marcia e arriviamo sulle sponde del Lago di Capodacqua. È balneabile e viene usato per le immersioni. Sotto il suo letto vi sono due mulini completamente sommersi. Ci viene offerta una degustazione di prodotti tipici abruzzesi: lonza, prosciutto, salame, pecorino, pane, olio. Il tutto accompagnato da del buon vino quale il Pecorino e il Montepulciano della tenuta Pasetti.
Risaliamo in bicicletta quando il sole è sceso dietro le montagne. L’ultima immagine della giornata è la Rocca di Calascio con il sole alle spalle. Sta scendendo il buio e dobbiamo ancora raggiungere la seconda tappa del nostro giro. Entriamo nell'area archeologica al di sotto di Capestrano dove fu rinvenuto l’omonimo guerriero e una necropoli. Si inoltra nella piena campagna e viene lentamente sostituita dalle colture di vigneti. Appartengono a famiglie come Gentile, Pasetti e Cataldi Madonna, ci accompagnano quasi fino a Ofena. Alle 21:00 in punto siamo al ContaDino.
ContaDino: mai un nome fu più adatto. Il signor Dino fa proprio di mestiere il contadino e si è specializzato sul trattamento del latte. La sua abitazione è diventata una vera e propria fattoria, in cui viene lavorato il latte e dove convive assieme alla sua famiglia e ai suoi operai. Ci accoglie con una tavolata, ma prima di sederci e banchettare ci porta a conoscere l’azienda. Producono solo derivati del latte - mozzarelle, trecce, ricotta, caciocavallo, pecorino, yogurt, caciotte, bocconcini, provoloni e borinato – e hanno un bestiame selezionato. La cosa positiva è che tutte queste mucche sono libere di aggirarsi nella fattoria, senza essere rinchiuse. Due volte al giorno sono condotte in una stanza dove viene prelevato il loro latte, con appositi macchinari. La lavorazione successiva è fatta con tecniche tradizionali e permette di ottenere un prodotto di altissima qualità. L’ultimo step è la conservazione e la stagionatura in celle frigorifere. Ci accomodiamo a tavola e ci vengono offerti dei loro prodotti.
Torniamo in bicicletta alle 22:00, nel buio. Siamo costretti a metterci una felpa per la temperatura bassa e una torcia sotto i nostri caschi. Riprendiamo la strada dell’andata spostandoci dapprima verso Capestrano e poi verso Bussi. Attraversiamo la Statale (prestare la massima attenzione) e procediamo nuovamente lungo le sponde del Tirino, attraversando la stessa strada dell’andata. Ci fermiamo a un ristorante, Il Salice.
Si trova appena fuori il paese di Bussi, in aperta campagna. È denunciato in facciata da un cancelletto d’ingresso, che immette in un vialetto fiancheggiato da piante. Si arriva a ridosso del ristorante, composto da una stanza interna con camino e da una tettoia esterna per le cene estive. Ci fanno accomodare proprio qui, davanti una tavolata imbandita per la cena. Ci sono bruschette, fagioli con spinaci e funghi e infine le tanto apprezzate sagne e fagioli. Ma la vera specialità sono i gamberi di fiume. Un piacevole ristoro per concludere la serata.
Lasciamo il ristorante e torniamo verso il Centro Visite Tirino. L’aria è molto fresca, tuttavia in dieci minuti siamo arrivati a destinazione. Un giro assolutamente consigliato.
Tempo di percorrenza: 5 ore (comprensive di soste)
Distanza: 20 km
Dislivello: 100 m
Difficoltà: ★☆☆☆☆
Dislivello: 100 m
Difficoltà: ★☆☆☆☆
Consigli: portarsi una felpa e una torcia da porre sotto al casco.
Nessun commento: