Marcinelle, nella miniera de Le Bois du Cazier
Il mio tour della
Vallonia prosegue verso la provincia di Charleroi, a sud di Bruxelles. Non
entriamo nella città , bensì proseguiamo nella vicina cittadina di Marcinelle,
molto nota nel mio Abruzzo. Il motivo? Nell’agosto del ’56 morirono all’interno
di una miniera, qui situata, 262 operai. Alcuni di loro erano abruzzesi,
emigrati in Belgio in cerca di fortuna, così come le altre migliaia di
italiani. Il sito, denominato Bois du Cazier, è stato recuperato a partire dal
2002, per volontà delle associazioni, delle famiglie delle vittime e di tutte
quelle persone che hanno vissuto a contatto con la miniera. È visitabile e non
solo: l’UNESCO lo ha riconosciuto, assieme ad altre miniere della Vallonia,
Patrimonio dell’Umanità .
Ma cosa avvenne qui l’8
agosto 1956? Una delle più grandi stragi industriali della storia. A quasi 1000
metri di profondità si scaturì un incendio nel pozzo di entrata dell’aria e 262
minatori rimasero imprigionati. Come topi in gabbia morirono senza poter
fuggire. I loro corpi verranno recuperati soltanto 15 giorni dopo. Le Bois du
Cazier non interruppe l’estrazione del carbone, bensì operò almeno per un altro
decennio. L’episodio contribuì a cambiare la qualità di vita del minatore.
Bois du Cazier, vista dall'ingresso principale |
Il giro comincia dopo
pranzo. Ci accompagna una guida del posto, di origini italiane e figlia di un
minatore del luogo. Ci accompagna all’esterno dell’edificio di accoglienza e
comincia a raccontarci i segreti del luogo.
La storia. Le Bois du Cazier prende nome da un bosco (Bois) di 184 ettari e da Jean-Baptiste
Cazier, proprietario del luogo. Il carbone, di origine vegetale, venne trovato
nel XVII secolo ma bisognerà aspettare il 1822 per vedere la prima miniera.
Inizialmente venivano estratte le venature superiori di carbone, in seguito una
nuova società decise di realizzare due pozzi per la discesa, profondi oltre 1000
metri. Con la rivoluzione industriale dei primi anni del novecento, in Belgio
si svilupparono industrie metallurgiche e siderurgiche. Per svolgere le loro
attività necessitavano del carbone. Questo processo portò a una continua
domanda di operai. Lavoravano uomini, donne e soprattutto bambini, reclutati a
partire dai primi anni d’età .
Con la seconda guerra
mondiale, e la conseguente morte di numerosi soldati, gli abitanti del Belgio presero
la decisione di non voler più rischiare la propria vita sotto terra:
rinnegarono il lavoro in miniera. Il rischio era quello di un arresto delle
estrazioni, pertanto il governo belga decise di aprire all’emigrazione,
offrendo posti di lavoro in miniera. Risposero alla domanda molti italiani, inviati
1000 a settimana, in cerca di fortuna. Le loro condizioni di vita non erano
facili: non essendo previsti alloggi per loro, vennero messi in baracche della
seconda guerra mondiale, ammassati con le proprie famiglie e in condizioni
igieniche impossibili. La popolazione belga non aiutava loro, anzi, si
assistette a fenomeni di razzismo. Col passare del tempo le cose migliorarono.
I minatori ebbero delle case, potevano permettersi una vita sociale migliore, godevano
di diritti e soprattutto vennero accettati dalla popolazione belga. A
contribuire a tutto ciò fu la stessa strage di Marcinelle.
Bois du Cazier, il piazzale |
Bois du Cazier, i due corpi fabbrica |
I primi edifici. Ci viene mostrata la cancellata di ingresso della miniera,
chiusa. Era la stessa sulla quale si accalcarono le famiglie delle vittime.
Certo: ridipinta con un anonimo grigio. Sulla sua destra c’era la falegnameria,
utile per la costruzione degli utensili e delle impalcature dei tunnel. Il
materiale utilizzato era legno di pino, per due motivi: facile da lavorare e
nel momento in cui si spezzava avvisava con scricchiolii. Sulla sinistra la
loggia dei registri: ogni mattina, il minatore ritirava in questa stanza la sua
medaglietta con il numero di matricola. Nel piazzale fronteggiante vi sono tre
elementi: un capannone cilindrico, utilizzato dapprima come abitazione e
successivamente come rimessa, un monumento che riproduce un terril (collina
artificiale), una stele marmorea sulla quale sono incisi tutti i nomi delle
vittime del 1956, opera dell’artista Dominique Stroobant. Ma non solo: anche
binari a terra, per ricordare il trasporto del carbone. Due grandi edifici si
affacciano sul piazzale. Il primo aveva diverse funzioni. Fungeva da fienile e
da magazzino. Nella parte retrostante da spogliatoio dei minatori. Oggi ospita
le sale ricettive e il ristorante. Il secondo era il cuore della miniera, ma
avrò modo di parlarne più avanti.
Bois du Cazier,ingresso principale |
Con la guida entriamo
all’interno dell’edificio di sinistra. Ripercorriamo la giornata media di un
minatore.
La giornata del minatore. La vita di un minatore può essere sintetizzata in una
frase “dove passa la lampada, deve passare il minatore”. Una lampada ha
un’altezza massima di trenta centimetri. E ho detto tutto. Le giornate
cominciavano col ritiro della medaglia con matricola. Quindi verso gli
spogliatoi per il cambio dei vestiti: erano grandi stanze, nominate “sale degli
impiccati”, in quanto i vestiti venivano appesi al soffitto. Non potevano
essere messi in armadietti sia perché erano sconsigliati per il costo, sia perché
gli abiti di lavoro non potevano restare al chiuso. Necessitavano di
ventilazione naturale nelle ore notturne.
Una volta cambiati, si
prendevano gli attrezzi. Il minatore semplice prendeva il piccone,
“l’abbattitore” il martello pneumatico e il “fuochino” la dinamite. Si ritirava
la lampada, scambiandola con la medaglia, e si scendeva in miniera. Con se,
ogni minatore portava il fagotto di cibo. Si scendeva nelle prime ore del
mattino, si risaliva al buio.
La miniera aveva forti
odori, derivanti dalla terra spostata, dal cibo portato, ma soprattutto dal
sudore degli operai e dai loro bisogni fatti in qualsiasi spazio disponibile. In
più la temperatura sfiorava 40 gradi: ecco spiegato perché molti di loro
operassero a torso nudo. A fine giornata un minatore risaliva completamente
ricoperto di carbone. Poggiava l’attrezzatura, si faceva la doccia. Molte volte
a coppie, per migliorare il lavaggio della schiena. Il carbone andava
assolutamente rimosso dalla pelle, altrimenti rischiava di entrarvi e di non uscirne
più, portando a malattie quali la “silicosi”: con essa si moriva di
insufficienza respiratoria. Terminata la giornata si tornava nelle proprie
abitazioni.
Bois du Cazier,sala degli "impiccati" |
Bois du Cazier, lo spogliatoio |
Bois du Cazier, timbra cartellino |
Entriamo in una grande
stanza, con attrezzature per la lavorazione del ferro. È il museo dell’industria,
confinante con quello del vetro. Usciamo sul secondo piazzale, nella parte
retrostante del complesso. Siamo vicini al luogo della tragedia.
Il piazzale. Ogni minatore attraversava questo cortile per scendere in
miniera. Anche le vittime della strage lo attraversarono, per due volte: la
prima per scendere in miniera, la seconda per essere riconsegnati al mondo, su
una barella, privi di vita. È circondato dai magazzini e la vista panoramica
verso la campagna è interrotta da un terril. C’è una scala gialla, la stessa
sulla quale sono passati i 262 corpi dei minatori. In lontananza una campana,
costruita ad Agnone, che ogni 8 agosto rintocca in segno di lutto. Al suo
fianco il terzo pozzo, entrato in funzione dopo la strage per il recupero delle
salme.
Gli elementi principale
del piazzale sono i due castelletti di estrazione. Questi, verticali rispetto
ai pozzi, sostenevano in cima due grandi pulegge a gola, dal nome di
“molettes”. Avevano il compito di rimandare nel pozzo le gabbie, ospitanti gli
ascensori. Tutto veniva caricato nell’ascensore, dal carrello al minatore. A
volte assieme. Per motivi di sicurezza tutte le miniere avevano come minimo due
pozzi: dal primo entrava l’aria fresca, dal secondo usciva quella viziata. Per
la loro costruzione furono necessari grandi quantitativi di ferro e cemento.
Nell’edificio fiancheggiante il primo castelletto c’è la sala macchine, ben
conservata. Da qui è possibile assistere a un filmato d’epoca, con immagini di
repertorio della strage.
Bois du Cazier, primo castelletto |
Bois du Cazier, secondo castelletto |
Bois du Cazier, scala usata prima e durante la strage |
La guida ci fa entrare
in un’installazione che riproduce il corridoio di una miniera. È stretto una
cinquantina di centimetri, si impatta sui pali di sostegno in legno.
La dinamica della strage. Nasce da un errore umano e non è dovuta ai gas. Nel
mattino dell’8 agosto 1956, scesero 275 minatori. Per un equivoco con la
superficie, l’operaio addetto al carico e scarico degli ascensori ingabbia al
momento sbagliato un carrello, a 975 metri di profondità . L’ascensore,
ripartendo, solleva il carrello che proprio in quel momento si incastra. Il
continuo tirare porta il carrello a sradicare tutto ciò che incontra: si
spezzano le tubature dell’olio, i cavi elettrici vanno in cortocircuito, si
spaccò quello dell’aria compressa. Divampò un incendio, che corse su tutte le
gallerie. Sette operai, fra cui il provocatore della strage, riuscirono a
risalire e lungo il percorso ne presero altri sei. Arrivati in superficie, gli
ascensori si ruppero e fu impossibile scendere. Tutti i minatori in quel
momento sotto terra, perirono come topi in gabbia. Una nube alta avvolse la
miniera e la strage venne annunciata al mondo. Intervenne l’esercito, venne in
visita il re Alberto II, ma tutti i tentativi furono vani. 15 giorni dopo il
mondo vide i 262 corpi su barelle, tutti morti.
Bois du Cazier,il memoriale |
La dinamica mi ha
scosso. La guida resta seriosa nella sua esposizione. Le domando dell’Abruzzo.
Annuisce e mi parla del forte rapporto fra l’Abruzzo e la Vallonia.
Gli abruzzesi di Marcinelle. Nella strage di Marcinelle morirono 60 abruzzesi,
quasi la metà dei 136 italiani alla quale toccò la stessa sorte. 23 erano di
Manoppello e 5 di questi della stessa famiglia: gli Iezzi. Da quel momento in
poi l’Abruzzo e il Belgio hanno avviato una silenziosa comunione. A Pescara è
stato installato un consolato belga onorario e la città di Manoppello si è
gemellata con quella di Charleroi. Ogni anno il sindaco del comune nel
pescarese, viene al Bois du Cazier a commemorare le vittime.
Torniamo verso
l’ingresso. Passiamo davanti il fienile.
Animali in miniera. Due curiosità : in miniera venivano utilizzati animali, a
scopi differenti. Il primo era il cavallo, in grado di trainare i vagoncini.
Per calarlo sotto i pozzi, era necessario legarlo, coprirgli gli occhi e
scenderlo con una fune in cuoio. Per abituarlo alla bassa luce, veniva tenuto
in magazzini bui. Il secondo animale era il canarino. Serviva per quantificare
la presenza dei gas. Si lasciava in gabbia e quando moriva, voleva dire che il
gas era troppo. I minatori avevano un avvertimento per fuggire.
Pranziamo nella stessa miniera. Lì dove un tempo venivano accatastati i materiali, oggi sorge un ristorante. Ci sediamo a ridosso del lucernario.
Mangiare
a Marcinelle. Il ristorante
Saint-Charles è all’interno del Bois du Cazier, ricavato nei magazzini. Consta
in una grande sala illuminata da un grande lucernario. I piatti rispettano la
tradizione locale e sono serviti con ottimo impiattamento. Personale disponibilissimo.
Bois du Cazier, il ristorante |
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